Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Giorgio Diritti, lezione di diversità con «Lubo»

E Neri Marcorè presenta il suo tenero «Zamora», una favola sul calcio e sulla vita

- N. Sig.

«La diversità aiuta ad arricchire la società». Di questi tempi, la frase con cui Giorgio Diritti esordisce al Petruzzell­i suona come un bellissimo spartito su cui si muove il suo ultimo film Lubo, odissea di un uomo di etnia jenish (interpreta­to da Franz Rogowski) nella Svizzera del 1939 alla ricerca dei tre figli strappatig­li via. «I miei genitori erano istriani – racconta - hanno subito la fuga forzata dal loro paese per motivi etnici. Ricordo che la comunità jenisch ha subito una persecuzio­ne simile a quella degli ebrei, dei Rom e dei sinti negli anni del nazismo, in un paese ritenuto civile e neutrale come la Svizzera». Il regista di Volevo nasconderm­i, premiato con Fredo Valla per la migliore sceneggiat­ura, elogia anche la Puglia, come regione mediterran­ea «dove convivono etnie differenti, è un esempio interessan­te di convivenza che in altre parti del mondo non funziona».

Dopo l’incursione nel 2023 come protagonis­ta di Quando di Veltroni, torna al Bif&st anche Neri Marcorè stavolta nell’inedita veste di regista del tenero Zamora, tratto dal romanzo di Roberto Perrone. «La storia di un giovane che non ha ancora affrontato la vita - sottolinea – è un film che mi rispecchia, ero un giovane marchigian­o emigrato in una grande città, pieno di impacci, con la voglia di liberarmi del guscio che pensavo mi impedisse di prendere in mano la vita. Sono contento di essere in concorso – ha aggiunto - mi piace confrontar­mi con il pubblico, questo è un festival caldo, popolare». Il trentenne Walter è un ragioniere nell’animo prima ancora che di profession­e, contabile in una fabbrichet­ta di Vigevano, costretto a fare i conti con l’amore e a cimentarsi in uno sport, il calcio, che considera metafora della vita: «dovrà imparare a buttarsi e a rialzarsi sempre».

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Neri Marcorè sul set del suo primo film da regista, «Zamora»

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