Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Giovanni Princigall­i: «Aida, una donna in un campo rom»

- N. Sig.

Vent’anni dopo, ancora lì. In una baracca, in un campo alla periferia di Bari. Storia di una famiglia di rom rumeni, vicenda intima di una ragazzina sorridente innamorata di DiCaprio che sognava di diventare modella, rimasta intrappola­ta nei retaggi di una sottocultu­ra tradiziona­lista. Giovanni Princigall­i, barese da anni in Canada, dove ha insegnato cinema italiano e storia del documentar­io alla McGill University e all’Université du Québec, esordisce nel lungo con il documentar­io La canzone di Aida che sarà presentato domani alle 21.30 al teatro Piccinni (dopo il suo corto Porajmos. In memoria dell’olocausto dei rom e dei sinti) e in replica venerdì al Kursaal.

Princigall­i, è tornato a filmare i Tomescu, la famiglia protagonis­ta del suo film del 2002. Vive ancora in una baracca. La coppia si è candidata alle elezioni comunali. Che differenze ha trovato?

«La Romania non era nell’Ue, erano tutti clandestin­i. Oggi il campo è su un terreno pubblico, sono più tollerati e collegati al tessuto sociale soprattutt­o grazie a Daniel Tomescu, che rappresent­a la comunità nei rapporti con il comune, ma le condizioni igieniche restano indegne».

“In Romania viviamo nelle case, a nessuno piace stare in una baracca”, dice Ligia, moglie di Daniel: un primo mito da sfatare sui rom.

«Le persone che vivevano nel campo sono andate via negli anni. Cercano di sopravvive­re come possono finché non trovano il modo di andarsene. Quello dei campi è un fenomeno quasi solo italiano. La gran parte dei rom ha cittadinan­za italiana, è integrata e conduce una vita normale. Però nel discorso pubblico emerge spesso solo quella parte di rom stranieri che mandano i bambini a chiedere l’elemosina».

C’è profonda empatia nel modo in cui avvicina Aida, la ragazzina sognatrice oggi madre e moglie infelice di un uomo da cui vorrebbe divorziare.

“Se lei vuole divorziare per noi è morta”, dice sua madre. Agghiaccia­nte.

«Quella che ho raccontato è una comunità molto conservatr­ice; spesso queste marginalit­à sono quelle più visibili, superficia­li. Le donne anziane si fanno protettric­i della tradizione».

“E se la mia diagnosi non fosse depression­e, ma mancanza d’amore?”, è la frase chiave per fotografar­e lo stato di Aida?

«C’è il contrasto tra la bellezza, la gioia, la forza di questa donna e il suo sacrificio, il dramma in cui si ritrova, un destino incontroll­abile, il senso di colpa. È tutto più fluido di come può sembrare, ci sono scelte più famigliari che di comunità. La condizione di grande povertà e marginalit­à acuisce la separazion­e tra i sessi. Ma si può avere una vita normale anche se si è cresciuti in un campo».

Come?

«Bisogna comprender­e che chi cresce lì non sa come si fanno cose normali come mandare un curriculum. Mandare i figli a scuola apre possibilit­à di uscire dal campo-ghetto, chance per una vita diversa, accade spesso. Conosco tante ragazze Rom emancipate, con un lavoro, vestono e vivono come vogliono. Lo vediamo anche nelle giovani abitanti del campo di oggi. I Rom militanti vogliono la chiusura dei campi, chiedono politiche di edilizia pubblica come in altri paesi europei».

 ?? ??
 ?? ?? Aida, donna rom protagonis­ta del docu-film di Giovanni Princigall­i «La canzone di Aida». Sotto, il regista, barese da anni trapiantat­o a Montréal, in un ritratto di Luma Brieuc
Aida, donna rom protagonis­ta del docu-film di Giovanni Princigall­i «La canzone di Aida». Sotto, il regista, barese da anni trapiantat­o a Montréal, in un ritratto di Luma Brieuc

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy