Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
IL CONTROSENSO DI QUELLO SPETTRO
Va detto subito e senza girarci intorno: nessuno può utilizzare le istituzioni per piegare il dibattito politico a suo uso e consumo. Tantomeno ordendo una trama di sospetti priva dei necessari riscontri. Purtroppo, invece, è proprio ciò che sta accadendo a Bari, in queste ore, con il varo di una commissione d’accesso che dovrà appurare eventuali infiltrazioni mafiose all’interno dell’amministrazione comunale e delle aziende municipalizzate. Secondo il Viminale, dopo i 130 arresti operati dalla Dda, non esisteva altra soluzione: il dicastero dell’Interno era tenuto a mettere in moto la procedura. Tuttavia è noto che a sollecitare il provvedimento era stata una delegazione di parlamentari del centrodestra, ricevuta dal ministro Piantedosi. Indizio questo, al di là dei regolamenti normativi, dello sciagurato vizio di sovrapporre l’indagine politica a quella dei magistrati, peraltro ancora in divenire. L’operazione, però, stavolta appare ardua, forse addirittura controproducente per i calcoli elettorali dell’opposizione: chiunque abbia messo piede a Bari negli ultimi dieci anni sa quanto il sindaco Antonio Decaro sia in sintonia con una città che ha letteralmente cambiato volto. Far volteggiare lo spettro della mafia accanto al suo nome è un terribile controsenso. E non soltanto perché da nove anni vive sotto scorta a causa delle minacce criminali e delle scelte mirate a combattere i clan pugliesi, ma perché ha rivestito, con un consenso pressoché unanime, la carica di presidente dell’Anci, l’associazione cui aderiscono tutti i comuni italiani senza distinzione di schieramento. Possibile che nessuno abbia mai avanzato una perplessità sul suo conto? Dormivano tutti? Sia chiaro, nell’arco di due consiliature, ciascuno può contestare l’opportunità di alcune decisioni. Ma deve farlo sul piano politico, non coinvolgendo le istituzioni. Fra meno di tre mesi a Bari si voterà per eleggere il nuovo sindaco e lo stesso Decaro si presenterà nelle liste del Pd alle Europee. Il ministro Piantedosi, che è persona equilibrata, faccia in modo che la commissione concluda il suo lavoro prima di quella data. L’appuntamento fondante di qualsiasi democrazia non può e non deve trasformarsi in una girandola di maldicenze sotto l’egida, sia pur doverosa, del Viminale.