Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Lecce, in mostra l’arte del tessile Al Must da 30 Paesi del mondo
Da oggi l’evento «Aracne Filo per filo, punto per punto, segno per segno»
Le trame, le stoffe, i fili e i ricami, come prodotti materiali ma anche espressione di unioni, intrecci e manifatture pazienti, si collocano tradizionalmente in ambito artigianale sebbene non manchino nel passato esempi fulgidi di sconfinamenti nella sfera delle arti maggiori. Sulla scena artistica contemporanea sono le avanguardie storiche a riprendere il filo del discorso, è il caso di dirlo, per riscattarne la marginalità non solo gerarchica, tra cultura alta e bassa, ma anche sociale e identitaria quando il maneggio delle trame si riferisce, per consuetudine, al mondo femminile. Uno sdoganamento che, innestato su ulteriori tematiche, giunge con immutata freschezza fino al presente.
Su queste tracce ragiona la mostra «Aracne Filo per filo, punto per punto, segno per segno», ospitata da oggi al Must di Lecce, nata da un’idea di Claudia Branca (direttrice del Must e sviluppata dal comitato scientifico composto da Massimo Guastella, Lia De Venere, Diego Viapiana, Gabriella Anedi e dal Laboratorio Tasc del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento.
L’evento espositivo si allinea ad un progetto di ricerca che il Must ha avviato sull’arte del cucito e del ricamo proponendo nel 2021 «Ricamata Pittura. Marianna Elmo e l’arte dei fili incollati nell’Italia Meridionale del Settecento» e nel 2023 «Angelo Filomeno. Works New Millennium», cui si aggiunge ora questa composita selezione di Fiber art, corrente ecumenicamente connotata sul piano espressivo e centrata sulla pratica tessile in diversificate declinazioni.
Trenta le opere arrivate da collezioni private e gallerie, con nomi importanti che aiutano ad attraversare una vicenda artistica partendo, soprattutto, dal tardo dopoguerra con le eccezioni di Fortunato Depero e Gino Severini. Senza trascurare quel versante, coniugato con le ragioni del femminismo militante degli anni Settanta, tra il «tessere e l’essere», avrebbe detto Maria Lai che intanto sostituiva alla tela libri cuciti e stendeva fili per unire uomini e paesaggi (famosa la sua performance «Legarsi alla montagna»).
Proprio attraverso il contributo delle donne artiste, la tessitura passa da pratica passiva a strumento rivoluzionario non solo per l’attestazione di credito riservata al medium ma in quanto veicolo di una riflessione politica del femminile, espressa incrociando le implicazioni tra tessuto, corporeità e performance. Il percorso espositivo tiene conto di tali curvature storiche, recuperando in catalogo anche riferimenti storici seminali. Inoltre, allineando artiste quali Elizabeth Aro, Paola Besana, Renata Bonfanti, Tracey Emin, Sylvie Fleury, Yayoi Kusama, Sveva Lanza, Claudia Losi, Eva Marisaldi, Joana Vasconcelos, implicate in un percorso di condivisa militanza, a vario titolo e con contributi generazionali che ne motivano le differenti chiavi di lettura.
Con fili e trame, dunque, con azioni politiche sovrapposte a quelle estetiche, a rompere l’egemonia di un pensiero maschile, non più motore della storia, per fare spazio al soggetto imprevisto. Non di meno per la pugliese Franca Maranò, correttamente inserita tra le altre attiviste, con i suoi abiti mentali da indossare o da usare come strumenti di meditazione, paramenti per celebrare la storia di un corpo represso e domato per molti secoli. Le orditure raccontano anche altre storie, quando riferiscono di relitti tessili usati dall’azionista Hermann Nitsch, o saldano, negli stracci di Christian Boltanski, memoria e oblio di tragiche esistenze. Spunti riconducibili ad altri registri giungono da Vincenzo Agnetti, Arman, Alighiero Boetti, César, Arthur Duff, Sandro Greco, Nicola Liberatore, Corrado Lorenzo, Jorge+Lucy Orta, Salvatore Scarpitta, Chiharu Shiota, Shoplifter (Hrafnhildur Arnardóttir), Cesare Tacchi. Dimostrando, in ultima analisi, quanto la Fiber art si sia inserita in direzioni di ricerca molteplici, calate e risolte dal variegato parterre, agganciando urgenze politiche, incrementando matrici concettuali, espandendosi in scala ambientale, ma sempre trascinando e intrecciando esperienze di rinnovata materialità, fortemente empatiche e generose sul fronte sensoriale.