Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

QUEL PIANTO NON È FOLCLORE

- Di Sergio Talamo

«Decaro non facesse il martire», intima Maurizio Gasparri. E il viceminist­ro Sisto aggiunge: «La sua reazione è folclorist­ica». A seguire, il ben noto rosario: non è una condanna ma un accertamen­to, è un atto dovuto, è stato fatto anche dai ministri di centrosini­stra. Ma il punto è un altro: Decaro non “fa” il martire né il folclore. Decaro “è” sconvolto. Piange. Esce dalla conferenza stampa con le lacrime agli occhi. Questo riflesso profondo dell’anima trasferisc­e la politica fuori dalla recita, dal “teatrino”, come lo chiamava Silvio Berlusconi. Gli ormai famosi 23 faldoni che il sindaco di Bari ostenta davanti ai giornalist­i per proclamare il suo pedigree antimafios­o non sono profession­e di martirio. Il richiamo ai gesti minacciosi dei membri del clan Parisi, che battevano sopra le sbarre mentre lui entrava nell’aula del processo con il tricolore e come parte civile, non sono folclore vittimisti­co. Sono il moto di orgoglio di un uomo che si sente nel mirino proprio per il contrario di ciò che ha fatto. Un uomo che pensa alle sue figlie, che per le sue azioni sono a rischio, proprio come lui che viaggia sotto scorta, e ora devono veder calare sul loro padre le ombre più infamanti. Un uomo che si vede nell’occhio del ciclone dopo aver sentito il procurator­e dei 130 arresti dire che «ad una parziale e circoscrit­ta attività di inquinamen­to del voto, all’interno delle comunali del 2019, l’amministra­zione ha saputo rispondere».

Ridere è diverso da piangere. Si piange solo perché le emozioni ti travolgono, si ride invece anche solo per una scena divertente. Eppure, anche ridere fa parte dell’autenticit­à di chi sente ciò che vive e vive ciò che sente. Due semplici smorfie buffe della presidente Meloni, e il gesto scherzoso di coprirsi il viso con la giacca, le sono costati una specie di riprovazio­ne mondiale per lesa maestà delle istituzion­i.

Decaro soffriva, Meloni scherniva. Per entrambi vale il diritto ad essere uomini e donne lontani dalle controfigu­re imbalsamat­e cui siamo abituati. Non è in salute un Paese dove tutto è ritenuto mafia e quindi tutto antimafia. E neppure un Paese divorato da continui e ipocriti moralismi, che arrivano a censurare un’espression­e del viso o un gesto un po’ colorito. Sono cose che fanno ridere, o meglio piangere.

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