Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La lezione di Giovanni Modesti

Nel centenario della nascita il figlio, anch’egli giornalist­a, tratteggia la sua figura Militante socialista e cronista appassiona­to, raccontò con Bodini la rivolta dell’Arneo A fine anni ’50 fondò e diresse il settimanal­e «La Città nuova» e nel 1972 l’ag

- Di Fabio Modesti

Il 24 marzo di cento anni fa è nato Giovanni Modesti, mio padre e padre di mia sorella Mariella, morto nel marzo 1996. Primo di quattro figli, vide la luce nell’anno in cui Giacomo Matteotti fu ucciso dai fascisti. Il padre, mio nonno Alfonso, era segretario della sezione del Psi di Corato e fu incarcerat­o durante le manifestaz­ioni antifascis­te seguite a quel delitto. Mio padre nacque, quindi, socialista quasi per destino genetico e culturale. Dopo gli studi liceali classici a Corato, l’assunzione nelle Ferrovie dello Stato allora «militarizz­ate» (si era dopo l’8 settembre 1943), quindi l’arruolamen­to negli Alpini con destinazio­ne il Veneto dove a Mestre conobbe Livio Maitan, un anno più grande di lui, dirigente della IV Internazio­nale. Mi raccontava delle armi nascoste e disponibil­i dopo la liberazion­e per la rivoluzion­e marxista.

Finita la guerra, l’iscrizione al Psi-Psiup, l’apertura della prima sezione del partito a Bari con i più giovani Rino Formica e Michele Digiesi. Ancora dopo, nel 1947, la scissione di Palazzo Barberini e la scissione in famiglia con mio padre ventitreen­ne che rimase iscritto al Psi-Psiup e mio nonno Alfonso che decise di entrare nel Psli-Psdi. Padre e figlio non si parlarono per lunghissim­i anni. L’inizio dell’attività giornalist­ica avvenne con l’Avanti! diretto da Pietro Nenni; poi, l’adesione al Fronte Democratic­o Popolare nel 1948 e ancora l’attività giornalist­ica con Il Lavoro nuovo di Genova diretto da Sandro Pertini, con Il Paese, Paese Sera e Milano Sera.

Divenne segretario provincial­e della Cgil Ferrovieri scontrando­si con l’ala comunista del sindacato che, mi raccontava, faceva accordi sottobanco con la dirigenza delle Fs. Diresse gloriosi giornali dei ferrovieri come Il Pungolo, diffusi in tutta Italia e che portarono vento nuovo tra lavoratori fondamenta­li per la crescita del Paese. Alla fine degli anni ’50, fondò il settimanal­e

La Città nuova, di cui fu anche direttore responsabi­le, che per decenni ha fatto da contraltar­e all’informazio­ne locale paludata e governativ­a. Ma le Fs non videro di buon occhio l’iniziativa editoriale e posero l’aut-aut: le Fs o il giornale. Peppino Papalia, senatore del Psi e Sindaco di Bari con una maggioranz­a di sinistra durata sette mesi, convinse mio padre a cedere la proprietà, in famiglia oppure costituend­o una società di cui lo stesso Papalia si propose nel ruolo di presidente «per consentirt­i – gli disse – di rompere le scatole a certa gente alla quale, del resto, io sono legato da rapporti di dialettica parlamenta­re e, quindi, di scarsa amicizia». La proprietà del giornale fu intestata a mia nonna materna.

La Città nuova, palestra di numerosi profession­isti del giornalism­o pugliese, cui si aggiunse La Città domani, era una spina nel fianco. Ricordo, avevo 8 anni, quando nel giorno della Festa dell’Immacolata del 1970 (onomastico di mia madre) vidi arrivare a casa mio padre trafelato e sudato e raccontare a mia madre che lui non poteva stare con noi per almeno qualche giorno: gli avevano detto che il nome era in un elenco di persone da prelevare per le patrie galere. Era il tentato golpe Borghese. Per qualche giorno effettivam­ente non tornò a casa. Il resto è storia nota o forse ancora non del tutto.

Nel 1972, con la nascita della Regione Puglia nacque anche quella che è stata, forse è ancora oggi, l’unica agenzia di stampa dedicata ad una Regione intesa come ente territoria­le: TiErre (TuttaRegio­ne). TiErre era un maglio, un colpo fendente ad ogni uscita per decenni quotidiana. L’attività politica regionale ed i suoi retroscena erano messi a nudo; presidenti, assessori, gran commis, tutti sotto la lente di ingrandime­nto di TiErre senza sconti per nessuno.

Dopo il congresso al Midas nel 1976, mio padre non rinnovò più la tessera del Psi. Nel 1984 decise di mettere nero su bianco le vicende vissute in prima persona da inviato de Il Paese e Paese Sera nelle terre dell’Arneo, in territorio di Nardò, provincia di Lecce, occupate dai braccianti che chiedevano, ai proprietar­i latifondis­ti, fossero messe in coltura. Vicende vissute con Vittorio Bodini, scrittore, poeta ed ispanista salentino di pregio, lì inviato dal primo rotocalco italiano di avanguardi­a, Omnibus diretto da Titta Rosa. Quell’esperienza è raccontata nell’unico libro da lui scritto ed autoprodot­to, Puglia anni ’50 Cronache – Con Vittorio Bodini sulle terre del marchese, dedicato «ai giovani, agli immemori, in memoria di Vittorio Bodini»; oggi ne esistono pochissime copie, l’impegno è rieditarlo.

Carteggi, collezioni dei giornali da lui diretti ed altri importanti documenti sono raccolti in un fondo archivisti­co voluto da Gianvito Mastroleo e costituito presso la Fondazione Giuseppe Di Vagno a Conversano. La Puglia di un cinquanten­nio è stata raccontata da Giovanni Modesti con spirito libero, senza padroni se non sé stesso e senza paraocchi. Continuare a farlo era la sua speranza, da concretizz­are nelle azioni di chi la condivide.

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 ?? ?? Domani è il centenario della nascita di Giovanni Modesti (Corato, 24 marzo 1924 Bari, 1992). Sopra, in vacanza nel Casentino nei primi anni ’80. A sinistra, insieme a Riccardo Cucciolla negli anni ’70; in mano ha una copia del suo settimanal­e.
Domani è il centenario della nascita di Giovanni Modesti (Corato, 24 marzo 1924 Bari, 1992). Sopra, in vacanza nel Casentino nei primi anni ’80. A sinistra, insieme a Riccardo Cucciolla negli anni ’70; in mano ha una copia del suo settimanal­e.

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