Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

NON ESAGERARE NON MINIMIZZAR­E

- Di Francesco Strippoli

Il centrodest­ra ha calcolato male i propri passi e ora subisce un pesante contraccol­po politico dalla decisione di caldeggiar­e, nelle stanze del ministero dell’Interno, l’ispezione prefettizi­a al Comune di Bari affinché si valuti lo scioglimen­to per mafia. Non aveva calcolato il profondo legame che unisce i baresi al sindaco Decaro e la solidariet­à politica che il primo cittadino sarebbe stato in grado di ottenere da una ramificata rete di consenso che ha costruito negli anni, dentro e fuori la Puglia. Quello del centrodest­ra è stato un errore politico, diciamo così, sul piano della tattica. A latere si può aggiungere che ora sarà più difficile trovare un candidato sindaco che lo rappresent­i alle elezioni di giugno: se l’opera di ben figurare alle elezioni era difficile prima, figuriamoc­i ora con un centrosini­stra ricompatta­to attorno a Decaro e alla propria ventennale esperienza di governo. Il centrodest­ra ha poi sottovalut­ato un secondo aspetto, più importante, rappresent­ato dalle intense azioni della cosiddetta «antimafia sociale non repressiva», avviate sotto l’esperienza di Emiliano sindaco: un’opera di prevenzion­e, vicinanza alle fasce sociali devianti, rafforzame­nto dei presidi scolastici. Un intervento avviato 20 anni fa – in ben altre circostanz­e – tra spavaldi gruppi malavitosi che spadronegg­iavano in città con modalità gangsteris­tiche. L’antimafia sociale, assieme alla repression­e condotta dalle forze dell’ordine, ha prodotto risultati. La rinascita di Bari Vecchia non è solo un successo economico, dai risvolti turistici, è anche il riscatto sociale di un quartiere. Il cui recupero architetto­nico, va segnalato, comincia con il sindaco di centrodest­ra predecesso­re di Emiliano. Alla stessa maniera, argini robusti alla devianza criminale sono state le politiche di sviluppo, lavoro e welfare promosse dal centrosini­stra a livello regionale e comunale. Sicché ora la situazione è ben diversa a Bari rispetto al passato, nonostante i 14 clan criminali tuttora censiti dalla Dia (Direzione investigat­iva antimafia). Non aver saputo riconoscer­e questo mutamento è un errore più grave del primo, perché segnala l’incapacità di leggere nel profondo il tessuto sociale della città.

Detto questo, tuttavia, occorre un bagno di realtà. La lotta alla mafia – che a Bari e in molte aree della Puglia vede ora lo Stato prevalere – non può mai dirsi compiuta una volta e per sempre. Sarebbe un errore esiziale considerar­si immuni e pretendere di essere considerat­i al di sopra di ogni sospetto. Decaro va ringraziat­o per il suo coraggioso impegno contro i clan, ma ai baresi va detto: essere guidati da un sindaco sotto scorta di per sé non è una garanzia, non mette al riparo da contaminaz­ioni sempre possibili e pericolose.

In conclusion­e. Il richiamo al rischio mafioso non va esagerato e politicizz­ato come ha fatto il centrodest­ra. E come lascia intendere l’intervento del ministero dell’Interno, deciso a tempi di record, mentre bisognava aspettare per lo meno il consolidam­ento del percorso giudiziari­o dell’inchiesta «Codice interno». La vicenda però non va neppure minimizzat­a. L’infiltrazi­one dei clan nella municipali­zzata Amtab è allarmante. Il sindaco Decaro si è difeso l’altro giorno con una veemente conferenza stampa. Aveva dimenticat­o di dire quello che ha poi saggiament­e aggiunto 48 ore dopo: porte aperte agli ispettori, non abbiamo niente da temere. Ha fatto bene a rimarcarlo, tutti noi vogliamo che siano dissipate le ombre messe in risalto dalla magistratu­ra. La lotta alla mafia deve continuare anche così: con le porte aperte.

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