«Iter complesso, la gente lo aggira Sceglie i partiti»
TRENTO La presentazione di sei disegni di legge di iniziativa popolare in tre legislature non è indice di scarsa democrazia. Paolo Pombeni, politologo e direttore dell’Istituto storico italo-germanico spiega diversamente il basso numero di iniziative: «Chi vuole arrivare a una legge percorre altri canali».
Professor Pombeni, sei disegni di iniziativa popolare in dodici anni sono pochi?
«Essendo, al contrario di quel che si dice, la nostra democrazia di fatto molto partecipata, i gruppi di pressione interessati all’approvazione di una legge percorrono altri canali. È un’impresa facile trovare un politico che si assuma la paternità di una proposta di buonsenso e di consenso. Tolta la necessità della raccolta di firme, l’iter risulta meno gravoso. Per avere un dato completo sulla partecipazione bisognerebbe capire quante sono in realtà le leggi nate da consiglieri o partiti sollecitati da gruppi sociali».
La via prevista dalla legge 3 del marzo 2003 è complessa?
«È difficile dal punto di vista tecnico e la si percorre perciò quando non ci sono partiti che vogliono farsi carico dell’argomento in questione. È successo con la proposta di legge sulla tutela dell’orso: è un tema troppo conflittuale e peculiare. È vero che oggi i partiti sono pigliatutto, ma quando una proposta è divisoria si cerca di non assumerla e di mandare avanti qualcun altro, salvo poi cavalcarle a posteriori».
È un problema di democrazia?
«No, fino a quando i partiti saranno aperti e accessibili non c’è e non ci sarà motivo di ricorrere a un canale così particolare come quello dell’iniziativa popolare. In questo contesto, in una società piccola, questo strumento è un sovrappiù».
È stato rigettato pure il disegno che prevedeva l’abolizione della porta girevole.
«Sono temi a cui la gente è poco interessata e la politica per niente. È troppo facile per la politica lasciar decadere queste proposte, la decadenza non provoca scandalo».
E il disegno di legge contro l’omofobia?
«È un tema molto ideologico e poco sentito dalla gente. Sono cose da risolvere a livello di costume pubblico e non a livello politico perché il rischio è di arrivare a norme capestro. A parte alcuni casi da condannare (per ciò le leggi ci sono) nella società il tema è accettato. Se non sarà approvata la legge non rimarrà un vuoto, bisognerà invece continuare con l’educazione al rispetto delle diversità».