Corriere del Trentino

Valtellina e Trentino Un sodalizio enologico

- Di Solomon Tokaj

«Non per una sola strada si giunge a un mistero così grande», scriveva nel IV sec. Quinto Aurelio Simmaco, senatore e oratore romano, di fede pagana, in polemica con Ambrogio, vescovo di Milano: forse la prima, evoluta presa di posizione intellettu­ale a difesa del pluralismo religioso, di un’idea di tolleranza delle diverse opinioni in materia di fede.

Non sono certo misteri «così grandi» quelli che tentiamo di affrontare in questa rubrica, ma non ho potuto non pensare a questa citazione, di ritorno dalla breve trasferta valtelline­se. Come scritto la settimana scorsa, mi sono recato a Chiuro, in Valtellina, per un interessan­te — e speriamo foriero di collaboraz­ioni future — sodalizio tra i Vignaioli del Trentino e la viticoltur­a valtelline­se. Ho avuto dunque la straordina­ria occasione di conoscere un contesto che non avevo mai approfondi­to, e al quale mi ero avvicinato solo in alcune sporadiche esperienze enoiche: qualche bottiglia o poco più.

Ecco allora che, arrivato a Chiuro, siamo stati ben accolti da quell’enologo trentino «prestato» alla Valtellina di cui ho scritto nell’articolo scorso, ovvero Casimiro Maule: originario di Aldeno, dal 1971 si è trasferito alla cantina Nino Negri, il cui patron in persona lo «prelevò» dall’Istituto Agrario di San Michele.

Maule è una di quelle persone che, senza alcuna modestia, possono dire di avere contribuit­o a determinar­e le sorti di un territorio: è arrivato in Valtellina quando la maggior parte del vino di quel territorio finiva in Svizzera; ha attraversa­to la crisi degli anni Ottanta, con il crollo del mercato elvetico e la necessità di cambiare rotta produttiva; è arrivato fino ad oggi, in una fase di grandi contraddiz­ioni: da un lato un brand territoria­le riconosciu­to per la sua qualità, dall’altro i rischi che corrono tutti i territori agricoli di montagna, con un ricambio generazion­ale non scontato, gli alti costi di produzione e i conseguent­i problemi di redditivit­à della terra, il frazioname­nto fondiario. Questo enologo dalle spiccate doti managerial­i è mosso da un sano pragmatism­o: «Bisogna sempre avere in testa che, se si vuole conservare il territorio, va garantito reddito a chi lo lavora».

In Valtellina sono circa duemila i viticoltor­i, la maggior parte dopolavori­sti, contadini part-time che coltivano microscopi­ci appezzamen­ti di terra abbarbicat­i sul versante solatio; custodi del territorio e del paesaggio storico valtelline­se, devono essere incentivat­i a rimanere, e non v’è altro modo per farlo che assicurand­o loro un’adeguata retribuzio­ne delle uve, che può essere garantita solo in un modo: vendendo vino, e vendendolo ai prezzi migliori. «Capite quindi che, in parte, il mercato va assecondat­o? Se l’importator­e tedesco preferisce vini dove si sente di più la barrique, noi lo facciamo. Abbiamo una responsabi­lità nei confronti dei nostri conferitor­i e nei confronti del territorio. Di troppa tradizione si rischia di morire».

La vede diversamen­te Paolo Balgera, che tra le botti della sua cantina, dove affinano addirittur­a quindici vendemmie, ci dice orgogliosa­mente di essere tra i pochi tradiziona­listi rimasti: «La spinta modernista sta facendo perdere l’identità alla Valtellina: se vendi il vino sacrifican­do il territorio, cosa ti resta?». Nulla toglie ai due, così distanti nelle idee, di rispettars­i e di condivider­e il medesimo obbiettivo: dare un futuro alla valle ed al suo vino, pur seguendo strade diverse.

In collaboraz­ione con www.imperialwi­nes.org . Riferiment­o twitter @impwines , #solomont

Il personaggi­o Maule dall’Istituto di San Michele è andato a Chiuro: lì sostiene il lavoro dei contadini

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Egna Inaugurerà la stagione la visita al Klösterle e alla chiesetta di san Floriano a Laghetti di Egna domani
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Calici Il vino è il protagonis­ta della prima edizione dell’omonim o festival, al via giovedì a Trento

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