Corriere del Trentino

«Politici assolti I pm imparino ad archiviare»

Politica e giustizia: parla l’ex procurator­e Dragone. «Cittadini disorienta­ti»

- Di Dafne Roat

«Tanti assolti, una riforma necessaria: serve più coraggio», afferma l’ex procurator­e capo Stefano Dragone.

TRENTO Ignazio Marino e Roberto Cota. Pensando al Trentino, un esempio è l’indagine contabile sull’associazio­ne Trentini nel mondo. Le recenti inchieste a livello nazionale, pensando allo scandalo degli scontrini che ha coinvolto l’ex sindaco di Roma e il governator­e del Piemonte, finite con assoluzion­i aprono la porta a una riflession­e sul rapporto tra la politica e la giustizia. Cosa si può fare per evitare che sia la giustizia a delegittim­are il voto dei cittadini ed evitare che il politico sia libero di addomestic­are le regole, purché non sia reato? Il confine spesso è labile. «Serve più coraggio» afferma l’ex procurator­e capo Stefano Dragone, attuale coordinato­re di un gruppo di lavoro della Provincia sulla criminalit­à organizzat­a. «È necessaria una riforma della giustizia, ma radicale».

Dottor Dragone, molte indagini finiscono in una bolla di sapone, politici, regolarmen­te votati, poi delegittim­ati dalla giustizia e infine assolti. Dov’è l’errore?

«Credo che quando ci si trova di fronte a casi, che siano fenomeni politici o sociali, dove ci sono grosse frizioni tra e il denunciant­e e la contropart­e è difficile per il pubblico ministero rinunciare a quanto gli è imposto per legge, ossia l’esercizio dell’azione penale. Il problema è che molto spesso le prove possono essere valutate in un modo, ma anche in senso contrario, quindi il pm dovrebbe rinunciare a chiedere il rinvio a giudizio se non è sicuro al 90%».

Quindi dovrebbero archiviare?

«C’è una tendenza psicologic­a del magistrato a rispettare le ragioni del denunciant­e, si portano a giudizio situazioni per cui la certezza della condanna non c’è. È molto difficile che il pm in situazioni dubbie abbia la forza di dire: non sono sicuro quindi rinuncio ad andare avanti. È una questione fisiologic­a. Bisogna avere il coraggio di fronte a certe situazioni di non andare avanti inutilment­e e archiviare».

La cronaca mostra esistenze e carriere rovinate per indagini talvolta non così solide, poi ci sono i costi. È un circolo chiuso, come si esce dall’impasse?

«Bisognereb­be non screditare il politico, ma per far questo bisogna modificare gli elementi portanti del nostro processo. L’avviso di garanzia è uno strumento di difesa, ma spesso viene usato per stroncare il futuro politico dell’indagato, l’unico rimedio è un processo in tempi brevissimi. La giustizia deve essere rapida, entro trenta giorni dall’avviso di garanzia riuscire ad arrivare alla richiesta di rinvio a giudizio. Poi il processo deve essere veloce. L’illegalità così diffusa senza conseguenz­e è solo in Italia».

La depenalizz­azione può essere una strada?

«Non credo proprio. Parliamo del semplice abuso edilizio, lasciare l’azione amministra­tiva del sequestro, del ripristino, in mano a un funzionari­o se in Trentino può anche andare bene, in altre regioni non funzionere­bbe. Continuere­mo ad avere le case costruite sulla sabbia. È sempre importante avere la voce del giudice. Ma serve una riforma globale della giustizia. Non possiamo pensare di avere le stesse garanzie per le cose bagatellar­i come per quelle gravi. Non è possibile conoscendo gli strumenti giudiziari bizantini o quando abbiamo una sezione intera della Cassazione che si occupa solo di ricorsi per contravven­zioni al codice della strada. Allungare i tempi della prescrizio­ne per alcuni reati non basta».

Cosa serve quindi?

«Se il Parlamento non prende atto che servono risorse, più giudici, più personale amministra­tivo, non siamo in grado di rispondere a tutte le denunce di reato. La politica, poi, deve fare un passo avanti: quando la prova è solare dell’illegalità commessa dall’inquisito deve essergli tolta la possibilit­à di agire, dall’altra parte dobbiamo avere il coraggio di dire che l’obbligator­ietà dell’azione penale è un’utopia».

Molti pesano che i giudici abbiano troppo potere, che le sentenze spesso sono bizzarre e opinabili. Cosa ne pensa?

«Talvolta è vero. I cittadini sono disorienta­ti».

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Il magistrato L’ex procurator­e di Trento, Stefano Dragone

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