QUOTE DI GENERE NO TRASPARENTE
Archiviato il secondo round dell’esame relativo al disegno di legge Maestri-Bezzi sulle preferenze di genere, ritengo opportuno, in attesa della ripresa del dibattito prevista per l’anno prossimo, chiarire la posizione assunta da Civica Trentina. Se non altro perché di chiarezza, a fronte della palese ipocrisia che caratterizza l’intera vicenda, mi pare ci sia bisogno.
Civica Trentina fin da subito ha chiarito la sua posizione di totale contrapposizione al disegno di legge, depositando circa tremila emendamenti e un congruo numero di ordini del giorno. Lo ha fatto alla luce del sole, assumendo in Aula comportamenti coerenti all’azione intrapresa. In estrema sintesi, la nostra contrarietà alla proposta Maestri-Bezzi muove dal fatto che elettori ed elettrici non hanno alcun bisogno che qualcuno spieghi loro come è meglio votare. Non hanno necessità che una ristretta, sedicente élite pretenda di condizionare in qualche misura la loro espressione di voto. Questo perché sono perfettamente in grado di operare la scelta migliore, senza che qualche improvvisato censore si erga a maestro, professando immortali principi cui non di rado corrispondono però ben più prosaici interessi di bottega.
Riteniamo pertanto il disegno di legge in discussione inutile, ma pure offensivo di quella grande maggioranza di trentini che, per il solo fatto di non aderire alle tesi di qualche illuminato intellettuale, è stata in queste settimane destinataria di accuse immotivate, buone solo a manifestare appieno l’arroganza, la supponenza, l’insopportabile elitismo di un ristretto numero di persone che, non si è ben compreso a che titolo, si sono ritagliate il ruolo di educatori di un’intera comunità. Una comunità accusata di essere arretrata, retriva, ultima in Italia. Noi, invece, conosciamo una comunità diversa da quella dipinta dai nostri salottieri censori, ancora una volta assai lontani da una realtà che nella loro insopportabile spocchia neppure comprendono. Abbiamo a che fare, quotidianamente, con un Trentino dove la dimensione comunitaria è fortunatamente ancora vitale e prevalente sui tanti pretesi diritti individuali. Un Trentino — per limitarci ai giorni scorsi — che nella sua supposta arretratezza ha saputo ancora una volta dare ottima prova di sé ad Amatrice attraverso una grande professionalità e un volontariato, che con i suoi donatori di sangue, non soltanto raggiunge l’autosufficienza, ma è in grado di fornire altre regioni italiane — forse più «avanzate», «intelligenti» e «colte» — l’aiuto di cui hanno bisogno.
Una comunità, pertanto, che non merita le offese che abbiamo sentito e letto in queste settimane. E che, ribadiamo, siamo convinti sia in grado di scegliere in piena autonomia. Per questo abbiamo deciso di tenere, come Civica Trentina, una posizione chiara, senza spazio per le ipocrisie. Ipocrisie che riteniamo offensive in primo luogo per le donne, nel cui nome pure si pretende di combattere la battaglia delle preferenze.
Non facciamo riferimento, a scanso d’equivoci, alla collega Lucia Maestri, della cui buona fede non dubitiamo e che peraltro per entrare in Consiglio provinciale non ha avuto bisogno di corsie preferenziali. Richiamiamo piuttosto quell’ipocrisia spicciola che attraversa l’Aula consiliare in modo trasversale, cosicché sovente le posizioni dichiarate non corrispondono ai comportamenti e alle speranze, neppure tanto nascoste, di tanti. E ancora, gli interessi personali che sottendono il disegno di legge sulla parità di genere; interessi che, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere, interessano donne e uomini, con tanto di accoppiate già pronte per le prossime elezioni. Senza scordare le bugie che sono state sparse a piene mani per ignoranza o malafede.
Non è vero che la Costituzione o lo Statuto impongano la modifica della legge elettorale vigente, che in caso contrario sarebbe già tempo stata impugnata. Non è poi vero che noi trentini saremmo gli «ultimi», come recita l’ingannevole nome del comitato che tanto si agita per l’approvazione della proposta, visto che a oggi soltanto quattro regioni hanno approvato la riforma cui si pretenderebbe che il Trentino si uniformasse. Non corrisponde neppure al vero che il disegno di legge in esame godrebbe di un grande consenso popolare, per rendersene conto basta uscire dai salotti per andare in mezzo alla gente.
Certo, può darsi che la nostra posizione sia sbagliata ed è ben comprensibile che vi sia chi l’avversa convintamente. È però inaccettabile che a chi dissente da tale legge sia attribuita la patente dell’ignorante, soprattutto quando essa viene estesa all’intero territorio provinciale, affetto — come abbiamo letto a più riprese — da un’evidente arretratezza culturale. Sono queste le ragioni che stanno alla base della nostra opposizione, finalizzata a dare voce ai tanti che non condividono il contenuto del disegno di legge. Una contrarietà orgogliosa, portata avanti a testa alta, perché noi alla dittatura del politicamente corretto non intendiamo piegarci. Una battaglia, come detto, alla luce del sole, senza ipocrisie e senza prestarci a giochetti di sorta.