Referendum, Toniatti no al nuovo Senato «Finirà per riprodurre le divisioni locali»
Il dibattito del fronte del no. Ballardini: l’Autonomia non va indebolita
TRENTO L’acceso dibattito sulla riforma costituzionale assume, in Trentino, toni ancora più intensi: l’impatto della riforma sull’autonomia regionale, infatti, è stato il cuore della tavola rotonda che lunedì, alla fondazione Caritro, ha ospitato Lidia Menapace, Renato Ballardini, Roberto Toniatti e Pasquale Profiti. La serata organizzata da «Percorsi ri-costituenti» mirava, secondo l’organizzatore Andrea Pradi, a «fare informazione contro gli slogan della campagna elettorale», nonostante al panel mancasse il contraddittorio. In particolare, l’intreccio tra riforma del Senato e revisione dello Statuto di autonomia, secondo il costituzionalista Toniatti, «fa temere che Trento e Bolzano abbandonino il proposito dell’autonomia integrale» a favore di uno Statuto che «non dia fastidio» a Roma.
«Il mio non è un no a Renzi — chiarisce l’ex deputato Ballardini — perché le alternative sono da brivido. Legare il governo al referendum, però, è stato un errore». Pur dicendosi «non contrario» all’eventualità di un’abolizione tout-court del Senato, Ballardini sostiene che la riforma non semplificherà l’attività legislativa, ma creerà «molti ricorsi per conflitti fra materie concorrenti» tra le due Camere. Approfittare di riforma e revisione degli statuti di autonomia per eliminare la specialità, secondo Ballardini, è un errore: «Rafforzare il governo locale è fondamentale per un’Europa federale, che i politici devono realizzare anche se il popolo non è d’accordo». Anche secondo Menapace, femminista e ex deputata, la riforma «non è indirizzata a risolvere i problemi di Italia e Europa». Se il nostro Paese ha avuto «grande stabilità politica fino all’arrivo di Lega Nord e Movimento 5 stelle, occorre chiedersi cosa sia cambiato». Il problema, dunque, non sarebbe la necessità di un riassetto istituzionale, quanto più un «capitalismo non in grado di selezionare la classe dirigente». «Voterò convintamente per il no — conclude Menapace — perché gli articoli fondamentali della Costituzione ne escono sostanzialmente intaccati». La sua proposta è «abolire l’articolo 7 (il concordato con i Vaticano, ndr) e inserire nel testo costituzionale la formula “cittadine e cittadini”».
Già protagonista di diversi dibattiti sulla riforma, Toniatti si appella al «coraggio del dissenso» contro la «propaganda dilagante» attorno al referendum. Il fronte del sì, secondo il professore, punta sulla «quantità» delle voci a suo sostegno, mentre i costituzionalisti schierati per il no contrappongono, «senza arroganza, sia chiaro», la propria «qualità e professionalità». Il punto, spiega Toniatti, è che «non esiste prova di un nesso causale fra bicameralismo perfetto e fragilità dell’esecutivo». Una decisa critica è poi mossa a chi, «con intento manipolatorio, parla di “Senato delle regioni e delle autonomie”: la nuova Camera non sarà voce delle regioni, ma riproporrà le spaccature interne alle assemblee locali».
È una riforma «reazionaria» quella che il magistrato Pasquale Profiti vede profilarsi: «Consoliderà interessi di gruppi di potere sempre più ristretti, scambiando le scorciatoie decisionali per la capacità di risolvere i problemi».
Una revisione che non risolverà i problemi dell’Italia