Corriere del Trentino

«Occidente e Islam si stanno già parlando»

Tariq Ramadan ieri all’auditorium: i musulmani non stiano sulla difensiva

- Erica Ferro

TRENTO Il dialogo fra Occidente e Islam? Non solo non è un’utopia, ma è già in atto. Basta solo guardarsi attorno. «Abbiamo un problema di illusione ottica — sostiene Tariq Ramadan — siamo talmente ossessiona­ti dalla minoranza di estremisti violenti e radicali, da dimenticar­e la maggioranz­a silenziosa: è a loro che dico di rendere il dialogo possibile iniziando a parlare, essendo espliciti, aperti». Ramadan, docente all’università di Oxford ma anche in Giappone, Qatar, Malesia e Marocco, è considerat­o uno dei massimi esponenti del pensiero islamico contempora­neo e ad ascoltare la sua lezione, ieri sera, all’Auditorium Santa Chiara sono venuti in tantissimi: un pubblico composito, colorato, tanti i giovani. Fare chiarezza nella confusione, padroneggi­are le emozioni, vincere la pigrizia che spesso impedisce un corretto dialogo: per Ramadan è un impegno, una responsabi­lità. Per onorarla ha preso un volo dal Qatar diretto a Trento.

«Islam e Occidente non possono essere affrontati ragionando in termini dicotomici, significhe­rebbe non essere consapevol­i della propria storia — esordisce — tralasciar­e che l’apporto musulmano è stato costitutiv­o del pensiero occidental­e che noi oggi maneggiamo sarebbe una grave omissione». «I sociologi dicono ci siano molti Islam perché non sanno affrontare la diversità — afferma il professore — io sostengo invece ce ne sia uno solo: pratiche e principi sono i medesimi, ma esistono differenze nell’interpreta­zione e nella cultura». E oggi che in Paesi come Francia, Gran Bretagna e Belgio gli immigrati raggiungon­o la quinta generazion­e, la seconda in Italia, essere «europei musulmani» significa per Ramadan «praticare lo stesso Islam, ma dal sapore europeo». Perché tutti abbiamo «identità plurali»: «Vorrei che sia europei sia musulmani lo capissero — esorta —e a questi ultimi dico: non pensate che vivere in Italia significhi solo obbedire alla legge. Un’appartenen­za non formale è quella a una nazione, non a uno Stato». Secondo il professore «egiziano per memoria, svizzero per cittadinan­za, europeo per cultura» i musulmani, inoltre, «dovrebbero essere più espliciti e aperti, non stare sulla difensiva»: «Evitando la mentalità vittimisti­ca, sentendosi liberi di dire chi sono, quali valori condividon­o e quale sia il contributo che possono offrire alla società — sottolinea — Vorrei si parlasse di questo e non solo di Isis o Boko Haram». Perché secondo Ramadan sarebbe ora di andare oltre l’integrazio­ne, oltre il semplice convivere (lo si può fare anche ignorandos­i) per «parlare e lavorare insieme — conclude — perché questo significa riconoscer­si reciprocam­ente».

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(Foto Rensi) Sul palco Tariq Ramadan, docente a Oxford, ieri all’auditorium Santa Chiara di Trento

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