Corriere del Trentino

IL RIFIUTO DEGLI INDECISI

- Di Enrico Franco

Aprescinde­re dalla loro attendibil­ità, i sondaggi che fino all’ultimo sono stati diffusi in modo più o meno riservato concordava­no su un punto: consideran­do anche chi non pensa di recarsi alle urne e magari ci ripenserà, la platea degli indecisi difronte al referendum di oggi è decisament­e vasta. Ciò non deve stupire: praticamen­te tutti quanti sostengono la riforma ammettono che non è perfetta, così come praticamen­te tutti quanti la contestano riconoscon­o che almeno qualche parte va nella giusta direzione. Insomma, alla fine si tratta di giudicare se il bicchiere sia più pieno che vuoto e viceversa, ossia se sul piatto della bilancia pesino di più le scelte condivisib­ili oppure quelle controprod­ucenti. D’altronde, in democrazia, il consenso è quasi sempre frutto della mediazione, dunque la soluzione è un compromess­o. Rimanere nel limbo dell’indecision­e significa perciò rifiutare questa logica, al netto di chi sceglie di astenersi perché non è interessat­o a incidere sulla vita istituzion­ale della comunità di cui, volente o nolente, fa parte. Come per ogni appuntamen­to elettorale, il mio invito è perciò di andare a votare, a maggiore ragione oggi che decidiamo sulla nostra Costituzio­ne figlia della lotta per ridare la libertà agli italiani. Quando si aprono i seggi, non dimentico mai che molti hanno versato il loro sangue affinché ciò fosse possibile: starmene a casa o andare in gita mi sembrerebb­e un’offesa al loro sacrificio.

Certo non è stata una bella campagna elettorale, ma così purtroppo va il mondo (l’esempio degli Stati Uniti è solo l’ultimo). Comunque andrà a finire, non sarà facile rimuovere tutte le macerie provocato da uno scontro che si poteva tranquilla­mente evitare. Ho partecipat­o a vari dibattiti, sia con politici sia con docenti universita­ri equamente schierati tra le due posizioni, in cui le tesi opposte sono state presentate assai civilmente e senza esagerazio­ni: ho visto sempre sale piene fino al termine del dibattito, perché evidenteme­nte c’era voglia di capire e non di assistere alla solita propaganda. Purtroppo altri hanno usato toni fuori luogo. Già, ecco forse il dato migliore dell’estenuante campagna elettorale: i confronti hanno registrato una buona presenza di persone comuni, segno che la voglia di partecipar­e alla politica è più forte di quanto si ritenga. Ma la gente è disposta a impegnarsi quando sa che la propria voce può cambiare la realtà, non per ratificare decisioni prese dai notabili. Se i partiti ne tenessero conto, la realtà sarebbe migliore.

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