Corriere del Trentino

MAGGIORANZ­A SENZA SPINTA

- Di Simone Casalini

Nell’abecedario della politica, al capitolo grammatica di base, la prima lezione è che non si dà mai la colpa all’elettorato per l’esito di una votazione. Di geni incompresi il mondo ne ha conosciuti tanti — anche tra gli analisti — e questa regola elementare è buona assicurazi­one contro le tentazioni di autoassolu­zione.

Il referendum di domenica ha registrato che persiste uno scollament­o ampio tra alcune parti di società e il potere. Matteo Renzi ha perso nettamente il plebiscito improprio per i suoi limiti già ampiamente esaminati — narcisismo esasperato, inclinazio­ne all’assolutism­o politico, abuso della fiction, scarto tra storytelli­ng e realtà dei fatti —, ma anche per l’incapacità di recuperare settori sociali al suo arco mancando nella loro emancipazi­one e rappresent­azione.

Il voto ci restituisc­e così, come in una tela di Picasso, un mondo rovesciato e ricomposto con diverso ordine, talvolta dipinto con rabbia. La partecipaz­ione è il segnale di vitalità — ossia di una base ancora disposta a farsi sfidare — a cui dovrebbe però seguire una riforma della politica (insieme alle istituzion­i) perché è impossibil­e generare provvedime­nti e sostenerli senza l’ausilio di soggettivi­tà e collettivi politici radicati.

Le urne in Trentino, in fin dei conti, dicono questo. Cioè che il sondaggio su Renzi è stato più forte di qualsiasi valutazion­e locale, nonostante l’Autonomia speciale fosse tra le poche istituzion­i salvate nel progetto di ricentrali­zzazione del potere. Ciò congelerà nell’immediato il percorso per il Terzo statuto e ripresente­rà alcune questioni sospese (A22 e delega sulla giustizia). I partiti hanno spostato poco o nulla — a differenza dell’Alto Adige dove l’Svp marca ancora la sua differenza di radicament­o sia pure in un contesto profondame­nte diverso —, Piazza Dante idem. Il centrosini­stra autonomist­a ne esce complessiv­amente indebolito perché dimostra di non avere forza propulsiva. Al suo interno, il Pd è disarmato. Rappresent­a, in misura maggiorita­ria, una classe agiata, garantita, con ruolo e non propriamen­te verde (over 55). Lontano dai giovani (il 73% degli under 34 ha votato no secondo i rilevament­i nazionali) e dalle classi meno abbienti. L’espression­e elettorale di Trento è piuttosto significat­iva. Cosa accadrà ora nell’area dem è difficile pronostica­rlo, ma l’esito referendar­io palesa un disagio sociale e l’esigenza di ricostruir­e un’offerta attenta anche a sinistra.

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