Toniatti: «Ribellione contro una riforma pasticciata»
Il giurista: «La clausola dell’intesa è stata sopravvalutata. Avanti con il Terzo statuto»
TRENTO Una vittoria, quella del «no» al referendum costituzionale, senza particolari contraccolpi in Trentino, dove, secondo Roberto Toniatti, «si era sopravvalutata l’efficacia dell’intesa» proposta dalla riforma Renzi-Boschi. Per il costituzionalista, inoltre, i lavori di Consulta e Convenzione non devono arenarsi. Professore, come valuta l’esito referendario?
«Mi piace pensare che la ragione del voto negativo non debba essere cercata in mille motivazioni, dall’antipatia per Renzi o per il suo governo alla reazione contro le élites, ma si trovi nella ribellione dei cittadini, che hanno capito che la riforma che veniva loro proposta era pasticciata e approssimativa. Tanto è vero che anche i sostenitori più razionali del “sì” ne ammettevano i difetti, segnale quindi che era proprio del merito che ci si doveva occupare. Spero che un Parlamento legittimo, possibilmente non composto da un terzo di suoi esponenti che cambiano casacca, possa avviare una riflessione seria perché questo sistema politico è malato». A cosa si riferisce?
«Nel 2001, nel 2006 e nel 2016 sono state proposte revisioni costituzionali di maggioranza. Il sistema politico malato ha pensato che invece di cambiare se stesso andasse modificata la Costituzione: lo ha fatto Craxi, così come lo hanno fatto Berlusconi e Renzi. Ricercare una revisione costituzionale che non sia condivisa mi sembra un grave errore
e mi piace pensare che anche a questo i cittadini si siano ribellati, come a dire che dopo l’esperienza dell’assemblea costituente che ha dato al Paese la Costituzione della coesione nazionale, adesso non ne si vuole una partigiana».
Questo che contraccolpi potrebbe creare all’autonomia trentina?
«A livello locale si era ingenuamente sopravvalutata l’efficacia di questa intesa. Non c’è mai stata una revisione dei nostri Statuti che non sia stata concordata con Trento e Bolzano e se la vera garanzia è l’ancoraggio internazionale, non viene meno. Così come
continua a esserci, inoltre, il requisito della richiesta di un parere al consiglio regionale, che deve renderlo in base al concorde voto dei due consigli provinciali».
Alla luce del quadro politico incerto che si profila dopo le dimissioni di Renzi, l’esperienza di Consulta e Convenzione per la revisione dello Statuto proseguirà?
«I lavori devono assolutamente andare avanti. Oggi il nostro Statuto è praticamente inutile, perché per sapere di quali competenze siano titolari le Province ci si deve basare in parte sullo Statuto, in parte sulla revisione del 2001, sulle
norme di attuazione e su quelle della giurisprudenza costituzionale. La revisione è quanto mai opportuna». Come interpreta il «no» trentino?
«Credo che i trentini abbiano capito che una forte autonomia in un contesto di elevata centralizzazione non sarebbe stata realizzabile, dunque sono stati realisti. Forse i trentini sono più affezionati alle tematiche nazionali di quanto lo siano i sudtirolesi e hanno scelto di non approvare una pessima revisione costituzionale».