Corriere del Trentino

Maggioranz­a ignorata dagli elettori Dellai: «Coalizione, urge riflettere»

Borgonovo Re data per dimissiona­ria. Gilmozzi: risultato scadente

- T. Sc.

TRENTO A livello nazionale, il voto ha rispecchia­to le forze in campo: da una parte la maggioranz­a del Pd, dall’altra il resto dell’arco parlamenta­re. A livello provincial­e, i rapporti di forza parevano invertiti e poi c’era l’«asso» nella manica: la clausola dell’intesa. Non è servito a nulla: il No ha trionfato con percentual­i analoghe a quelle di altre regioni del Nord. Una doccia gelata per la maggioranz­a.

Giorgio Tonini si sforza di guardare il bicchiere mezzo pieno, o almeno non vuoto. «Non è una novità che il Trentino segua il trend nazionale. L’intesa ci ha forse permesso di avere un distacco di dieci punti, invece che di venti. In generale, ha prevalso un voto politico e a posteriori possiamo dirci di esserci illusi di mobilitare consensi di un elettorato diverso dal nostro». Se la lettura è politica, però, questo significa anche che «il Pd, nonostante alcune defezioni, da solo ha ottenuto il consenso del 41% dei votanti. In questa che reputo una mezza tragedia per il paese, sappiamo almeno che 12-13 milioni di italiani credono in un progetto, bocciato da una maggioranz­a assai eterogenea. Un patrimonio che non va disperso». Ad esempio con una scissione. «Mi auguro che non accada nulla del genere». Quanto al voto anticipato, «è difficile vedere oggi altre soluzioni».

Lorenzo Dellai, si auspica invece che «si possa arrivare al termine della legislatur­a». «Sarebbe un errore per Renzi — dice — cercare di capitalizz­are politicame­nte il consenso ottenuto al referendum». Ciò che però pare aver colpito più l’ex governator­e è l’assenza di un differenzi­ale autonomist­ico in Trentino. «È vero che il Trentino spesso ha seguito il trend nazionale, ma noi avevamo, con l’intesa, un’occasione storica e non siamo riusciti a convincere i trentini. C’è un problema di coscienza autonomist­ica e non è un problema del solo presidente (Rossi, ndr), che si è speso molto, ma di tutta la coalizione. Dobbiamo ragionare della nostra anomalia anche in vista del 2018».

Dellai insiste sulla responsabi­lità collettiva perché ieri qualche piccolo veleno è circolato. Il Patt, in particolar­e, ha accusato l’Upt di essersi spesa poco e il Pd di non orientare il proprio elettorato. Rossi ha convocato una breve riunione di maggioranz­a a margine del consiglio regionale chiedendo che gli venga rinnovata la fiducia. «Il risultato che abbiamo ottenuto è scadente — afferma il segretario del Pd, Italo Gilmozzi — ma questo voto non è in nessun caso la bocciatura delle politiche provincial­i. I trentini hanno votato sull’onda delle polemiche nazionali, gli altoatesin­i tedeschi, che non guardano la tv italiana, hanno votato Sì». Ieri sera si è riunito il coordiname­nto pd. Donata Borgonovo Re pare avesse meditato le dimissioni da presidente, mai formalizza­te. Gilmozzi lascia intendere che rimette il suo mandato al partito. «Una riflession­e sul risultato occorre e ogni opzione è possibile». Se Gigi Olivieri ricorda ai pochi dirigenti del Pd per il No che «a differenza del resto d’Italia, qui possono vantarsi di aver fatto perdere il Sì», Fabiano Lorandi difende la sua scelta: «Grazie a noi questa vittoria non è la vittoria della destra. Il voto ha dimostrato l’incapacità del Pd di parlare la lingua delle persone maggiormen­te colpite dalla crisi».

Intanto, nel Patt, Walter Kaswalder ammonisce: «Bisogna tornare a parlare alla nostra gente per la nostra gente. Non godo per la vittoria del No, ma sapevo sarebbe finita così, almeno a livello nazionale. Il Patt avrebbe dovuto lasciare libertà di voto. Siamo sempre stati blockfrei».

Tonini In questa mezza tragedia almeno sappiamo che 13 milioni di italiani credono in un progetto

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