L’opposizione: Rossi si dimetta Borga: va costruita un’alternativa
Fraccaro: i trentini non si fidano del governatore. Esulta la sinistra
TRENTO È Ugo Rossi il principale bersaglio dell’opposizione trentina il giorno dopo il referendum che ha spazzato via il governo Renzi. Nel mirino c’è soprattutto il «Trentini, fidatevi di me e votate sì» con cui Rossi ha chiuso la campagna referendaria. «Rossi ha personalizzato il referendum ma i trentini non si sono fidati di lui, dovrebbe trarne le conseguenze», dice Riccardo Fraccaro, deputato del movimento 5 stelle. «Il no — continua — ha vinto in modo inequivocabile malgrado la massiccia campagna di disinformazione messa in campo dal centrosinistra. I trentini sono rimasti fedeli ai valori dell’autonomia e hanno rifiutato l’accentramento dei poteri, indicando la strada: decentramento e democrazia diretta, valorizzando le realtà locali. Noi pensiamo a una proposta di governo sia a livello nazionale sia locale».
«Per il centrosinistra il risultato è stato in diversi casi imbarazzante — gira il dito nella piaga Maurizio Fugatti, segretario provinciale della Lega — A favore del sì si era schierata tutta la coalizione, il mondo dell’economia, molti sindaci. I risultati sono davanti agli occhi di tutti: c’è stata una componente nazionale che ha spinto molti giovani a votare no, ma anche una componente locale di disaffezione verso il governo provinciale». Per Fugatti «ciò è particolarmente evidente nelle valli, che hanno punito il modo in cui la giunta provinciale governa il Trentino. Andate a vedere i risultati del referendum ad Arco e Tione, dove sono stati chiusi i punti nascita; andate a vedere sui social il malessere espresso dalla base del Patt verso gli esponenti autonomisti; andate a vedere i risultati dei paesi dove è stato chiuso il presidio della guardia medica».
Fugatti, insieme a Giacomo Bezzi, Manuela Bottamedi e Claudio Cia, chiede le dimissioni di Rossi: «I trentini hanno pronunciato un chiaro no a un sistema di potere». Molti trentini, però, oggi si domandano anche come fare a difendere l’autonomia speciale da presumibili attacchi futuri senza poter contare sulla clausola di salvaguardia tramontata con la sconfitta di domenica. Fugatti ribalta la prospettiva: «Paradossalmente, l’autonomia trentina esce rafforzata agli occhi di chi ce la invidia. Poiché ha vinto il no, potremo dire alle regioni ordinarie che i trentini si sono opposti a un disegno centralista senza limitarsi a perseguire il proprio tornaconto personale».
Sul piano politico, intanto, Fugatti pensa a strutturare un’alternativa al centrosinistra autonomista «partendo dai partiti di centrodestra e le civiche». Un tema su cui riflette anche Rodolfo Borga (Civica trentina): «Rossi ha chiesto ai trentini di fidarsi di lui e i trentini non si sono fidati. Ciò apre una prospettiva politica interessante. È evidente che esiste un ampio elettorato disponibile al cambiamento, in quanto non si sente più rappresentato da chi amministra il Trentino da oltre vent’anni: un elettorato alla ricerca di leadership e di un progetto politico credibili, che è necessario costruire».
A festeggiare la vittoria del no, ieri, è stata anche la sinistra: «Nonostante la grande disponibilità di mezzi attivati per la causa del sì da parte della maggioranza, il no si è rivelato essere il valore più grande», dice Emilio Arisi, uno degli esponenti del comitato provinciale per il no, accanto a Florian Kronbichler, Ottorino Bressanini, Vincenzo Calì, Luigi Casanova e Bruno Firmani.
Fugatti Le valli hanno punito il modo in cui la giunta provinciale governa il Trentino