Il «no» si afferma nei Comuni a guida pd Mosaner: «Manca coesione politica»
Panizza: «Dove il Patt è radicato passa la riforma». Valduga: la centralizzazione ha spaventato
TRENTO Il Trentino ha scelto il «no». Ed è una questione di autonomia. Se il 45,7% dei votanti si è espresso in favore della riforma costituzionale voluta dal premier Matteo Renzi, il 54,3% si è dichiarato contrario. Sono stati più di 312.000 i trentini recatisi alle urne, un’affluenza pari al 76,8%, e di questi, ben 168.064 hanno votato in favore del «no». Un risultato in linea con il resto d’Italia, ma che vede il Trentino smarcarsi nettamente rispetto all’Alto Adige. In provincia di Bolzano, infatti, è prevalso convintamente il «sì» con il 63,6%, dimostrandosi la provincia d’Italia che più ha sostenuto e premiato la riforma firmata dal ministro Maria Elena Boschi.
Ed è qui che nasce la questione autonomista. «Il voto — riflette il senatore Franco Panizza del Patt — dimostra che il Trentino ha una cultura dell’autonomia meno forte rispetto all’Alto Adige, dove hanno votato guardando prima al loro interesse. E questo per noi è un peccato perché se il Trentino vuole far valere la propria unicità a Roma, deve anche dimostrarsi capace di un progetto politico diverso». Invece, secondo Panizza, «è aumentato, con il voto di domenica, il divario rispetto all’Alto Adige, e questo nonostante i due presidenti, Rossi e Kompatscher, siano più uniti che mai».
Débâcle Pd
Ma è analizzando i singoli Comuni che il risultato appare più chiaro: a Trento, città a guida Pd, il «sì» si ferma al 48,9% con 1.342 voti di differenza rispetto al «no». Un destino simile ad altri municipi sempre gestiti dai primi cittadini del Partito democratico, come Arco, dove il «no» vince con il 57%, Dro, dove trionfa il «no» al 54% nonostante sia sindaco il senatore Upt Vittorio Fravezzi sostenuto da una coalizione con Pd e sostenitore del «sì», e Riva del Garda, con Adalberto Mosaner, dove il «no» arriva al 56,5%. «Scontiamo una mancata coesione politica e il non riuscire a far passare il senso delle nostre istituzioni autonomiste — commenta Mosaner — È il caso di chiedersi quanto ne sanno i trentini della nostra autonomia. Gli altoatesini si sono dimostrati più utilitaristici, noi abbiamo votato con un partito in fibrillazione». Unica nota positiva, secondo lui, l’affluenza, che in tutto il Trentino è stata del 76% e nel suo comune del 73%: «una bella espressione di democrazia» assicura. A preoccupare Alessandro Betta, sindaco Pd di Arco, invece, è il clima: «È stato un voto di frustrazione e di scontento e il Trentino si è dimostrato uguale all’Italia. Ci sono state offese, intimidazioni alla nostra sede, una vera e propria deriva populista che sta prendendo piede anche nei nostri territori». Altrettanto forte è il «no» incassato ad Ala — Comune dell’assessore Tiziano Mellarini — con una percentuale che sfiora il 60%. Mentre la soddisfazione è tutta per il leghista Maurizio Fugatti che nella sua Avio porta a casa il 63% per il «no».
L’area civica
Tra i civici, invece, spicca Rovereto, in cui il «no» arriva al 56,6%: su quasi 22.000 votanti, solo 9.440 erano favorevoli alla riforma. E questo nonostante il sindaco, Francesco Valduga, si fosse espresso per il «sì». E lui è anche l’unico a leggere il niet trentino come una difesa dell’attuale assetto autonomista: «Ho detto più volte che la riforma aveva aspetti positivi e altri negativi — spiega — evidentemente i trentini si sono preoccupati dell’impianto troppo centralista del nuovo testo. E poi, nel confronto con l’Alto Adige, scontiamo sicuramente la mancanza di un partito unito e forte come l’Svp». Pensiero, questo, condiviso da un altro esponente delle liste civiche: Fabio Dalledonne, sindaco di Borgo Valsugana, comune in cui il «no» — da lui sostenuto — ha vinto con il 57%. «L’Svp è ancora forte, autorevole e coesa. In Alto Adige tutti obbediscono come soldatini perché hanno fiducia in un partito territoriale che fino a oggi ha dato sicurezza e garanzia». Quanto all’esito referendario, si dice però «molto soddisfatto. Se riforma dovrà essere, un domani, che sia fatta da un parlamento legittimato e senza ricorrere a referendum confermativo. E almeno abbiano l’accortezza di scrivere in italiano». Altrettanto schiacciante è stata la vittoria del «no» a Pergine Valsugana: «Era nell’aria questo risultato, anche se non immaginavo un divario simile — commenta il sindaco Roberto Oss Emer, che riflette — mentre la Svp ha dato indicazioni di voto precise e compatte, da noi hanno prevalso le divisioni. Tutte queste divergenze hanno fatto perdere voti».
Il fronte del «sì»
Sul fronte del Sì, invece, invertono la tendenza — tra gli altri — Mezzocorona con il 52,9%, Bleggio Superiore con il 55,4%, Andalo con il 51,5%, Borgo Chiese con il 51,3%, la piccola Brez, in val di Non, in cui ben il 61% dei votanti ha detto «sì» e Campodenno, comune del senatore Panizza, il cui il «sì» vince, anche se di poco, al 50.9%. «Questa è la dimostrazione che dove il Partito autonomista è forte e presente, le conferme arrivano: non a caso, i risultati migliori li abbiamo avuti in Rendena, val di Non e nella Rotaliana» rileva il senatore. «Noi — continua — non abbiamo niente da rimproverarci: ai referendum si votano le leggi, non le persone. Il Trentino ha sempre tenuto in forte riferimento i partiti nazionali, il Patt è cresciuto solo nell’ultimo periodo». «In ogni caso — assicura Panizza — saremo in poi ancora più uniti, come ha esortato anche il presidente Rossi – dobbiamo fare quadrato».
Pareggio e contrari
Infine, c’è chi proprio non è riuscito a scegliere, come il piccolo comune di Bresimo, in cui la partita si è chiusa in perfetta parità: 50% il «sì» e 50% il «no». Il fronte del «no» ha invece toccato i suoi picchi in valle dei Mocheni: il 68,5% a Fierozzo e il 67,9% a Frassilongo.