«Migranti, va cambiata strategia»
Bianchini: portare condizioni di vita dignitose nei Paesi di provenienza
TRENTO Il primo tronco ferroviario della storia fu inaugurato nel Regno Unito nel 1825 e per più di un secolo e mezzo i binari che fiorivano in tutto il mondo, dividendo le campagne e unendo le città, sono stati considerati portatori di progresso e civiltà. Poi è arrivata la postmodernità e i treni sono diventati veicoli di speranza così grande da tramutarsi in morte, com’è accaduto la settimana scorsa a due ragazzi africani trovati morti in Tirolo a bordo di un treno merci diretto in Germania. Questa storia la conosce bene, anche se con altri nomi e geografie, l’attivista per i diritti umani Flaviano Bianchini, che ieri al Rotary Club di Rovereto ha presentato il suo libro Migrantes. Di professione biologo, Bianchini ha vissuto per molti anni in America latina. «Tutti gli amici che mi sono fatto lì — racconta — avevano un fratello, un cugino, un vicino che era partito da illegale per raggiungere gli Stati Uniti. Ho scoperto che su queste saghe familiari nessuno aveva mai scritto nulla. Così 8 anni fa ho deciso di intraprendere io stesso il viaggio della speranza, dal Guatemala all’Arizona. Spacciandomi per un peruviano di origini basche, per giustificare il mio metro e 84 di altezza e il colorito pallido, ho pagato 1.500 dollari i coyote, l’equivalente degli scafisti, e sono partito». Di quei 21 giorni terribili, Bianchini ricorda il dolore provato nell’assistere alle sofferenze subite dalle donne che avevano intrapreso il viaggio con lui, senza poter far niente per mettervi fine. «Eppure sono stato fortunato — continua — perché né la polizia corrotta né le bande criminali mi hanno mai sequestrato per chiedere un riscatto. Inoltre lungo il cammino ho potuto apprezzare la generosità della gente comune, pronta a togliersi il pane di bocca pur di aiutarci». La stoccata finale, l’attivista, fondatore di Source International, la riserva ai politici: «In Italia come negli Usa, dobbiamo smettere di pensare ai migranti solo quando affondano in mare o muoiono nel deserto. Il viaggio è una parte infinitesimale del loro percorso in Occidente, che di fatto tolleriamo perché abbassa il costo del lavoro. Perciò anziché commemorare, pensiamo a creare condizioni di vita dignitose nei Paesi d’origine dei migranti e ad incoraggiare la migrazione legale, per ingrassare il portafoglio degli Stati legittimi, anziché della criminalità organizzata».