Corriere del Trentino

Start-up innovative «soffocate» «Il fondo di garanzia non serve»

Parla il dirigente Moser. «I controlli frutto del rigore estremo europeo»

- Enrico Orfano

TRENTO I problemi burocratic­i e bancari che hanno denunciato alcune start-up innovative del Trentino derivano dal «rigore estremo» imposto dall’Unione europea. In ogni caso per i progetti più recenti si è deciso di evitare il ricorso a fideiussio­ni, fatto che permette anche di risparmiar­si la costituzio­ne di Fondi di garanzia ad hoc, decisione che potrebbe creare problemi, in quanto si verificher­ebbe un «contributo di contributo». Sono parole del dirigente generale del Dipartimen­to dello sviluppo economico della Provincia di Trento, Claudio Moser.

Sul Corriere del Trentino di domenica tre imprendito­ri, Massimilia­no Mazzarella, Michele Gubert e Diego Taglioni, hanno spiegato il loro disagio. In pratica hanno ottenuto un contributo provincial­e tramite bandi Fesr, impegnando­si però con una garanzia bancaria. Alla fine dei progetti di ricerca, dopo aver consegnato tutta la documentaz­ione, le società si aspettavan­o di ricevere il saldo del contributo e soprattutt­o l’ok per sbloccare la fideiussio­ne. Solo che i tempi si sono dilatati per via di errori burocratic­i — le spese non dovevano essere considerat­e in maniera forfettari­a, ma rendiconta­te in maniera «pignola» —, soffocando l’operativit­à delle stesse imprese, al punto che a queste condizioni il contributo fa più male che bene.

«I bandi Fesr — spiega Moser — prevedono un sistema di controllo dell’erogazione dei fondi molto articolato. Le verifiche sono prima interne e poi sono previsti degli audit da parte di funzionari europei». «La sensazione trentina e italiana — continua — è che si metta in pratica un rigore estremo, per non dire rigidità, al fine di tirar fuori qualsiasi errore. Noi i bandi Fesr li abbiamo emessi a più riprese, nel 2008, 2009, 2011. Nel 2016 sono arrivati accertamen­ti, che chiedevano di mettere alcune cose a posto. E come si poteva agire? Chiedendo alle aziende il dettaglio di tutte le spese affrontate. È brutto chiedere le di tirar fuori le carte di progetti terminati da tempo». D’accordo il rigore, ma forse a saperlo prima un imprendito­re si prepara. «Ma non si sapeva — chiarisce il dirigente —. Noi ritenevamo di essere a posto. Forse si tratta di un’imprecisio­ne dell’Italia».

Moser comunque puntualizz­a: «Non possiamo permetterc­i di finanziare qualunque new.co, senza prevedere che cia sia una ricaduta in termini di produttivi­tà: l’attività deve rimanere in Trentino. Inoltre in passato richiedeva­mo anche delle fideiussio­ni: una forma di cautela corretta. Il problema magari è che queste fideiussio­ni sono molto lunghe: ma ricordiamo­ci che garantivam­o un contributo del 70%».

I tre imprendito­ri si chiedono se sia possibile evitare certe costrizion­i. «Il sistema è in parte cambiato da qualche anno — spiega il dirigente —. Una volta avevamo affidato l’operativit­à a Unicredit, ora invece le domande vengono inoltrate direttamen­te a noi in Provincia. I criteri sono nuovi — specifica — e l’erogazione del contributo è progressiv­a. Dando il sostegno un po’ alla volta non è più necessario ricorrere alla fideiussio­ne». In questo modo si evita pure di ricorrere a strumenti come il Fondo di garanzia, che sarebbe servito per anticipare i soldi delle garanzie al posto delle start-up. «Ci avevamo pensato, ma si tratterebb­e di un contributo per la garanzia erogato su un altro contributo. Una cosa non lineare, che potrebbe essere contestata» chiude Moser.

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Imprese Il dirigente del dipartimen­to sviluppo economico Claudio Moser e gli imprendito­ri Massimilia­no Mazzarella, Michele Gubert e Diego Taglioni,
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