Eterologa, il centro di Arco è pronto Manca il «giusto compenso» alle donatrici
Il primario Luehwink: serve una campagna di sensibilizzazione o dovremo importare i gameti
Dopo la decisione del Ministero della sanità di inserire la fecondazione eterologa nei Lea, i livelli essenziali di assistenza ai quali i cittadini hanno diritto di accesso tramite semplice ticket, la palla passa alla Provincia di Trento, che dovrà permettere al centro di fecondazione assistita di Arco di entrare a regime in tempi brevi. Questo il pensiero del primario del centro, Arne Luehwink, secondo cui però «i problemi non sono di natura tecnica: la vera sfida, infatti, sarà fare sensibilizzazione per la donazione di gameti, in particolare femminili». Importarli dall’estero, infatti, «non garantisce l’anonimità e la natura altruistica della donazione». Nodo cruciale per avere donazioni dal territorio è fornire «un giusto compenso — spiega Luehwink — che tenga conto degli incomodi comportati alla donna dalla donazione, ma che non diventi un pagamento».
Le norme
Da quando la Corte costituzionale, due anni e mezzo fa, ha sbloccato la pratica della fecondazione eterologa, numerose richieste sono cominciate ad arrivare al centro di Arco. L’assessorato alla sanità, tuttavia, «ha voluto attendere la riforma dei Lea nazionali prima di dare il via libera all’eterologa in Trentino» spiega Luehwink. Ora, invece, la norma nazionale chiama Piazza Dante a recepire la novità: «Sono convinto che i tempi normativi necessari a far entrare a regime l’eterologa saranno brevi: la sintonia fra il centro di fecondazione, l’azienda sanitaria e l’assessorato mi fa ben sperare» afferma il primario.
A tal proposito, lo sblocco di 500.000 euro di finanziamenti provinciali per il potenziamento della struttura «arriva nel miglior momento possibile» spiega Luehwink.
Tutto rimarrà sulla carta, tuttavia, se le donazioni di gameti maschili e femminili saranno insufficienti a incontrare la domanda di interventi di fecondazione assistita.
I donatori
«Mentre trovare donatori maschili è semplice — sottolinea il primario — la donazione femminile è un’operazione più complessa, che comporta trattamenti medici e un impiego di tempo maggiore per una donatrice. Bisogna che la politica si impegni in un’opera di sensibilizzazione a livello nazionale e locale». Senza donazioni provenienti da donne italiane, infatti, l’alternativa è importare gli ovociti dall’estero, operazione che rischia di generare problematiche etiche che, secondo Luehwink, occorre tenere in grande considerazione.
«La donazione, in ambito medico, deve sempre essere anonima e gratuita — spiega Luehwink — ma, per quanto riguarda gli ovociti importati dall’estero, non possiamo essere sicuri che tali requisiti siano soddisfatti».
Non sono rare, infatti, situazioni in cui la donazione di gameti diventa «un sistema che qualche disperato usa per guadagnarsi da vivere», riflette il primario. Il problema si era posto in passato anche all’allora assessora Borgonovo Re, che circa un anno e mezzo fa aveva ipotizzato «un percorso a tappe che coinvolgesse le donne in cura al centro di Arco». La vera soluzione, secondo Luehwink, consiste però nel rendere il processo di donazione il meno scomodo possibile: «Bisognerebbe studiare un sistema di compenso, di rimborso spese per il tempo dedicato alla procedura di donazione e al trattamento medico che comporta» spiega il ginecologo.
Trovare la misura giusta per tenere distinti rimborso e pagamento sarà un’ulteriore compito della politica. Da parte sua il centro di procreazione assistita, alla conclusione dei lavori di potenziamento in corso, sarà «pronto a soddisfare la domanda dei pazienti trentini — conclude Luehwink — e possibilmente anche ad accogliere richieste da fuori provincia».