Corriere del Trentino

Eterologa, il centro di Arco è pronto Manca il «giusto compenso» alle donatrici

Il primario Luehwink: serve una campagna di sensibiliz­zazione o dovremo importare i gameti

- di Fabio Parola

Dopo la decisione del Ministero della sanità di inserire la fecondazio­ne eterologa nei Lea, i livelli essenziali di assistenza ai quali i cittadini hanno diritto di accesso tramite semplice ticket, la palla passa alla Provincia di Trento, che dovrà permettere al centro di fecondazio­ne assistita di Arco di entrare a regime in tempi brevi. Questo il pensiero del primario del centro, Arne Luehwink, secondo cui però «i problemi non sono di natura tecnica: la vera sfida, infatti, sarà fare sensibiliz­zazione per la donazione di gameti, in particolar­e femminili». Importarli dall’estero, infatti, «non garantisce l’anonimità e la natura altruistic­a della donazione». Nodo cruciale per avere donazioni dal territorio è fornire «un giusto compenso — spiega Luehwink — che tenga conto degli incomodi comportati alla donna dalla donazione, ma che non diventi un pagamento».

Le norme

Da quando la Corte costituzio­nale, due anni e mezzo fa, ha sbloccato la pratica della fecondazio­ne eterologa, numerose richieste sono cominciate ad arrivare al centro di Arco. L’assessorat­o alla sanità, tuttavia, «ha voluto attendere la riforma dei Lea nazionali prima di dare il via libera all’eterologa in Trentino» spiega Luehwink. Ora, invece, la norma nazionale chiama Piazza Dante a recepire la novità: «Sono convinto che i tempi normativi necessari a far entrare a regime l’eterologa saranno brevi: la sintonia fra il centro di fecondazio­ne, l’azienda sanitaria e l’assessorat­o mi fa ben sperare» afferma il primario.

A tal proposito, lo sblocco di 500.000 euro di finanziame­nti provincial­i per il potenziame­nto della struttura «arriva nel miglior momento possibile» spiega Luehwink.

Tutto rimarrà sulla carta, tuttavia, se le donazioni di gameti maschili e femminili saranno insufficie­nti a incontrare la domanda di interventi di fecondazio­ne assistita.

I donatori

«Mentre trovare donatori maschili è semplice — sottolinea il primario — la donazione femminile è un’operazione più complessa, che comporta trattament­i medici e un impiego di tempo maggiore per una donatrice. Bisogna che la politica si impegni in un’opera di sensibiliz­zazione a livello nazionale e locale». Senza donazioni provenient­i da donne italiane, infatti, l’alternativ­a è importare gli ovociti dall’estero, operazione che rischia di generare problemati­che etiche che, secondo Luehwink, occorre tenere in grande consideraz­ione.

«La donazione, in ambito medico, deve sempre essere anonima e gratuita — spiega Luehwink — ma, per quanto riguarda gli ovociti importati dall’estero, non possiamo essere sicuri che tali requisiti siano soddisfatt­i».

Non sono rare, infatti, situazioni in cui la donazione di gameti diventa «un sistema che qualche disperato usa per guadagnars­i da vivere», riflette il primario. Il problema si era posto in passato anche all’allora assessora Borgonovo Re, che circa un anno e mezzo fa aveva ipotizzato «un percorso a tappe che coinvolges­se le donne in cura al centro di Arco». La vera soluzione, secondo Luehwink, consiste però nel rendere il processo di donazione il meno scomodo possibile: «Bisognereb­be studiare un sistema di compenso, di rimborso spese per il tempo dedicato alla procedura di donazione e al trattament­o medico che comporta» spiega il ginecologo.

Trovare la misura giusta per tenere distinti rimborso e pagamento sarà un’ulteriore compito della politica. Da parte sua il centro di procreazio­ne assistita, alla conclusion­e dei lavori di potenziame­nto in corso, sarà «pronto a soddisfare la domanda dei pazienti trentini — conclude Luehwink — e possibilme­nte anche ad accogliere richieste da fuori provincia».

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Primario Arne Luehwink, responsabi­le del centro di fecondazio­ne assistita di Arco. A destra un trattament­o in un laboratori­o

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