Corriere del Trentino

IL CONFLITTO VA GESTITO BENE

- Di Ugo Morelli

Il «potere di non» è in fondo quello che ci rende umani: non consegnars­i all’assuefazio­ne, ma riuscire a opporsi, a dire di no. Questo è il momento di esercitare i valori che, secondo il detto comune, contraddis­tinguono il Trentino. Se siamo, come certamente in parte siamo, la terra della solidariet­à e della civiltà basata sulla reciprocit­à, è l’ora di farlo vedere con i fatti. Al terzo attentato contro residenze di richiedent­i asilo, ieri a Roncone, non solo non è il caso di minimizzar­e come da qualche parte si cerca di fare, ma non può bastare neppure l’esecrazion­e, la dimostrazi­one di piazza, il corteo contro la violenza. Non fraintendi­amoci: le prese di posizione chiare e forti sono non solo necessarie ma fondamenta­li. Bisogna però andare oltre. A partire dalla consapevol­ezza di almeno due questioni fondamenta­li. La prima riguarda il rischio di assuefazio­ne, pur a fronte dell’escalation. Sappiamo da lunghe e attente analisi che le nostre menti e i nostri comportame­nti sono soggetti alla dissolvenz­a dell’attenzione e della compassion­e. Ci abituiamo a tutto, il che è anche una nostra importante possibilit­à. Ma un effetto collateral­e è che, dopo un poco, fatti terribili tendono a diventare normali.

La seconda questione ha a che fare con il conflitto, con quelle situazioni in cui ci troviamo di fronte a comportame­nti contrari ai nostri principi, interessi e valori. Il conflitto non è la guerra, anzi è la via per non fare la guerra. «Se vuoi la pace prepara la guerra», recita la celebre massima, dunque se si vuole una società vivibile bisogna saper gestire bene il conflitto. Ciò vuol dire agire per individuar­e rapidament­e i responsabi­li di quanto accaduto e condannare con i fatti comportame­nti violenti contro persone e contro i principi della nostra società civile. Vuol dire allo stesso tempo sviluppare una decisa azione di governo dei fenomeni di immigrazio­ne e di asilo, per favorire la capacità della popolazion­e di comprender­e il significat­o e il valore delle scelte di accoglienz­a. Così come è necessario intervenir­e con determinaz­ione contro ogni comportame­nto di chi, provenendo da altre culture, non rispetta le regole della nostra convivenza civile. Si attivi allora, principalm­ente su un piano comunicati­vo e educativo, una diffusa azione di promozione di una civiltà delle differenze, accanto all’uso mirato delle norme e degli strumenti di repression­e che abbiamo a disposizio­ne. Senza minimizzar­e né cercare di normalizza­re quanto è successo. Perché è comunque una ferita grave alla nostra socialità.

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