Io e la mia squadra sfiduciati dal governatore
Vorrei, seppur sommessamente, esprimere una breve considerazione sul giudizio espresso nei miei confronti dal presidente della giunta provinciale, Ugo Rossi, a margine dell’intervista pubblicata domenica sul Corriere del Trentino. Nel ricostruire le ragioni della mia cacciata dall’esecutivo provinciale nell’estate 2015, il governatore sembra dare «un colpo al cerchio e uno alla botte»: da un lato, infatti, mi viene riconosciuta la capacità di lavorare molto; dall’altro mi viene imputata l’incapacità di fare squadra. Non avendo ragioni per gioire del primo giudizio (in realtà, al tempo ero stata accusata di «essere pesante in giunta» per il mio voler dare e chiedere spiegazioni sulle decisioni di maggior peso), non ho neppure ragioni per indispettirmi del secondo. Ma una precisazione la vorrei fare.
Non si governa senza un adeguato lavoro di squadra, questo è certo. Il problema, per rimanere nella metafora sportiva, è che la squadra con la quale stavo costruendo un progetto adeguato per la salute della comunità trentina non era quella che il presidente Rossi avrebbe voluto veder scendere in campo. E poiché in me, e nella squadra che era alacremente al lavoro, non aveva alcuna fiducia, ha deciso di estrometterci dalla partita in corso. Limitandosi a motivare la decisione del 24 luglio di due anni fa con una frase illuminante: «Tu non sei dei nostri»(per la verità usò il dialetto trentino, che più o meno suonò così: «No te sei dei nosi»). Immagino che simile espressione con la capacità di fare squadra non abbia alcun collegamento, non mi illudo però di trovare conferme.