Corriere del Trentino

ATTENTATO AI RICHIEDENT­I ASILO TENERE SEMPRE ALTA LA GUARDIA

- Il caso di Luca Malossini Walter Ferrari, SEVIGNANO

La notizia dell’attentato incendiari­o contro la casa che accoglie i profughi a Roncone mi stimola a una riflession­e. Non però sull’atto specifico che, nell’attuale frangente storico, fa parte di una serie di episodi ormai consueti, ai quali purtroppo ci stiamo abituando, bensì in merito alle dichiarazi­oni lette sulla stampa, tese a spostare all’esterno ogni sospetto relativo a tale azione: dal direttore del Cinformi, che definisce «buono» il rapporto con la comunità locale, al sindaco che si dice «convinto» che quel gesto non sia opera di gente di Roncone; dal parroco che perentoria­mente afferma «non può essere stato un ronconese» per finire con gli abitanti che, dissociand­osi, sottolinea­no come «non può essere stato uno di noi». Il «male», insomma, viene sempre da fuori ed è lo stesso ragionamen­to che sta alla base della xenofobia. Sono lo straniero o il «diverso» i soggetti portatori del «male», coloro che potenzialm­ente possono mettere in crisi gli equilibri di una comunità. L’incapacità di riconoscer­e come ognuno di noi sia sempre esposto al «male», perché dentro ognuno di noi — italiano, europeo o extracomun­itario — vi è una continua tensione tra «bene» e «male», può addormenta­re le nostre coscienze e farci abbassare la guardia. Un confronto mai sopito al quale per natura siamo esposti, spinti da desideri egoistici che, quando non trovano un controbila­nciamento nella società, ci portano ad azioni contro il prossimo. Sopite semmai sono la consapevol­ezza di simili equilibri e la coscienza che dovrebbe vigilare sui nostri comportame­nti. Ma la coscienza individual­e è anche prodotto sociale e in una società dove si esaltano individual­ismo e competizio­ne anch’essa ne risente. Troppo spesso giriamo lo sguardo altrove davanti alle sgradevoli situazioni di disagio in cui versano anche persone delle nostre comunità, poi ci abbandonia­mo magari a discorsi da benpensant­i sull’accoglienz­a dei profughi, dimentican­do che è quel disagio il terreno fertile nel quale qualcuno getta ad arte il seme del razzismo. Penso pertanto che non solo nessuna comunità, ma nemmeno nessuno di noi possa ritenersi immune dal «male».

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