Bisogna valorizzare le differenze per prevenire le discriminazioni
Diritti e libertà sono valori fondamentali, da promuovere e tutelare. In molti casi, però, chi rivendica diritti e libertà, in realtà vuole potere, pretende di agire senza alcuna restrizione, ignorando la volontà altrui. In una comunità, invece, i diritti sono di chi è senza potere, la libertà non esiste senza vincoli e limiti. La più grande storia di liberazione è narrata nel libro dell’Esodo: un popolo si libera dalla schiavitù e produce (o riceve) le «dieci parole», un testo fondativo che comprende solo obblighi e divieti. Molto spesso chi invoca libertà di coscienza, libertà di cura o libertà di educazione vuole solo affermare un primato e imporre un punto di vista egocentrico. Non si rende conto delle contraddizioni a cui va incontro e dei conflitti che scatena.
Molti credenti sostengono che la vita è sacra e poi, anche nel nome di Dio, legittimano la guerra e la pena di morte. Altri rifiutano la maternità surrogata perché la donna non è un contenitore e poi negano alla donna la possibilità dell’aborto condannandola così a essere un contenitore. Molti genitori rivendicano il diritto alla genitorialità ma spesso reclamano il potere di imporre agli altri le loro scelte educative, il rifiuto dei vaccini e la selezione dei contenuti. Si oppongono all’autorità della scuola e della scienza per proteggere i loro figli e non si accorgono che così facendo li espongono al rischio di malattie, a una conoscenza parziale e faziosa, all’impossibilità di acquisire autonomia e attitudine critica. Per evitare incoerenza e prevaricazione, è necessario abbandonare ogni pretesa di superiorità e assumere la prospettiva dell’altro. Il principio etico di riferimento è quello del rispetto della persona, della sua dignità e della sua capacità di autodeterminazione. Solo riconoscendo i diritti dell’altro, possiamo rivendicare diritti. Solo costruendo una relazione tra pari, possiamo praticare la libertà. Solo chi sa ascoltare, merita ruoli di responsabilità.
La difesa della vita e il sostegno dei figli richiedono l’accettazione dell’altro e delle sue ragioni, implicano la consapevolezza del limite, sollecitano luoghi di confronto e mediazione. La superbia autoreferenziale porta all’isolamento, al conformismo o alla rabbia impotente. Solo se ci riconosciamo uguali e appartenenti allo stesso mondo (o, per chi crede, creature dello stesso Dio), possiamo valorizzare le differenze e prevenire le discriminazioni. Cantava Giorgio Gaber «Perché il giudizio universale non passa per le case/le case dove noi ci nascondiamo/bisogna ritornare nella strada/ nella strada per conoscere chi siamo».