Corriere del Trentino

Il gioco di squadra fa crescere il Trentino

- Di Lorenzo Pomini * * Segretario Cisl del Trentino

L’editoriale di Luca Malossini (Corriere del Trentino di domenica) coglie perfettame­nte il tema legato al Trentino del futuro: mi riferisco alla necessità di fare «gioco di squadra» e di mettere «il noi al posto dell’io». Il forte richiamo del governator­e Ugo Rossi agli imprendito­ri trentini — non nuovo e nemmeno l’unico — è stato utile per scuotere troppe coscienze addormenta­te e allontanar­e il disinteres­se nei confronti della comunità.

Anche nel nostro territorio stanno emergendo troppi discorsi relativi alla delocalizz­azione, a come in Austria si trovino maggiori aiuti e meno burocrazia, a come in Trentino ci siano tasse eccessive(per poi scoprire da recenti ricerche che siamo una provincia dove il fisco è meno esoso). Insomma, il quadro che scaturisce offre la netta impression­e di trovarsi con dei «prenditori» piuttosto che «imprendito­ri» disposti al rischio d’impresa. Poi, certo, anche costoro, abituati a «prendere», tornano cittadini italiani quando si tratta di bussare al servizio sanitario e ad altre cure. Mi sembra allora di avere davanti la fotografia di uno Stato o una Provincia che esistono in quanto altri cittadini hanno fatto il loro dovere, pagando le imposte e resistendo senza lamentarsi.

La politica, però, non deve fermarsi unicamente a simili sollecitaz­ioni, non deve nemmeno rinunciare a taluni incentivi selettivi per le imprese e i settori più virtuosi, ma dovrebbe, serenament­e, iniziare a far di conto tra quanto la comunità investe e il ritorno di tali investimen­ti sul territorio. Abbiamo settori (turismo e agricoltur­a) strettamen­te collegati tra loro in termini d’immagine, prodotti a chilometro zero, economia legata alla doppia stagionali­tà, capacità occupazion­ale, Pil, possibilit­à occupazion­ali: bene, vanno seriamente analizzati i ritorni fiscali dei tanti incentivi erogati. Non ci può essere una politica attenta a distribuir­e aiuti e disattenta ai ritorni; una comunità non può permetters­i il lusso di distribuir­e sostegni senza averne benefici conseguent­i.

Monitorare la situazione è fondamenta­le, e non solo per valutarne i ritorni economici per i diretti interessat­i (imprendito­ri del settore, servizi collegati, commercio che gravita attorno alle attività). Il Trentino deve cominciare a esaminare se esistono i presuppost­i per fare attecchire la cultura del «noi». Se vogliamo crescere bisogna acquisire una nuova mentalità, quella che impone il gioco di squadra. L’individual­ismo, che poi non è altro che l’esasperazi­one dell’io, ha ormai il fiato corto.

Il racconto del Trentino 2.0, pertanto, deve mettere in evidenza un passaggio su tutti: nello stare assieme e nel fare sistema si possono trovare le energie e le speranze per costruire un futuro migliore. Se la cultura del noi rimane ai margini, il rischio non è solo di indebolire il tessuto della nostra comunità, ma pure azzoppare la classe imprendito­riale. In tale scenario, gli investimen­ti si trasforman­o in uno spreco perché finalizzat­i a togliere il rischio d’impresa e a socializza­rlo alla collettivi­tà. Ne va del concetto stesso di autonomia che nella sua accezione più «romantica» è essere autogovern­o nella sobrietà, equità solidariet­à.

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