L’ASTICELLA DELLA VERITÀ
Dar conto di se stessi (Didonai logon, nel greco dei filosofi) è ciò che il tempo ci richiede. Individualmente e come comunità che tenga davvero alla propria autonomia nel presente. Se ci soffermiamo solo per un momento su quanto accade in casa nostra — e mi domando come si possa non farlo — è inevitabile rendersi conto del tremendo scarto che si registra tra la natura dei problemi e la nostra capacità di affrontarli.
Alcuni evidenti riferimenti ricadono nell’ordine: sul Daspo a Trento, dove il problema epocale delle migrazioni sembra essere riducibile a una questione di ordine pubblico locale; la posizione preventiva assunta dai «cugini» della Svp che ha preannunciato come, in caso di votazione sullo ius soli, si sarebbe espressa contro; le dichiarazioni del ministro degli Interni austriaco che comunica a un attonito collega italiano di chiudere il Brennero se l’Italia non mette in atto un provvedimento riguardante la mobilità delle persone sul proprio territorio. Il tutto mentre una diffusa corruttela nella capitale del Paese viene elaborata, anche dai media, con un sospiro di sollievo (sic!) perché non si tratterebbe di mafia. La domanda, di fronte a tutto ciò, è solo una: quale fine ha fatto l’asticella della civiltà e della democrazia? Dove sono cioè i fondamenti etici e spirituali delle nostre coscienze? La verità, ancorché da trovare continuamente, non è depositata da qualche parte, là fuori, ma coinvolge ognuno di noi che è responsabile di cercarla. Abbiamo bisogno di una verità che non ci lasci indenni, ma che vada conosciuta e incorporata, guardando con attenzione all’effetto di ritorno che un simile presente ha su di noi. Se vogliamo ottenere qualcosa in cambio da ciò che ci accade, non possiamo osservare gli eventi come se non ne fossimo responsabili e come se potessimo restare immobili e imperturbabili. Si tratta di un’esperienza dolorosa e trasformativa che è condizione indispensabile per ogni avvenire possibile.
Si deve allora cercare la sicurezza delle nostre vite non mollando sulle regole base della democrazia. Dobbiamo comprendere il fenomeno della mobilità delle genti stabilendo finalmente norme civili e ferme. Bisogna inoltre recuperare la forza di indignarci davanti alle derive antidemocratiche e di convivenza. Se abbiamo una voce autonoma, è il momento di farla sentire. Contro ogni «polizia discorsiva» e ogni «verità» intesa come macchina per escludere.