Corriere del Trentino

L’ASTICELLA DELLA VERITÀ

- Di Ugo Morelli

Dar conto di se stessi (Didonai logon, nel greco dei filosofi) è ciò che il tempo ci richiede. Individual­mente e come comunità che tenga davvero alla propria autonomia nel presente. Se ci soffermiam­o solo per un momento su quanto accade in casa nostra — e mi domando come si possa non farlo — è inevitabil­e rendersi conto del tremendo scarto che si registra tra la natura dei problemi e la nostra capacità di affrontarl­i.

Alcuni evidenti riferiment­i ricadono nell’ordine: sul Daspo a Trento, dove il problema epocale delle migrazioni sembra essere riducibile a una questione di ordine pubblico locale; la posizione preventiva assunta dai «cugini» della Svp che ha preannunci­ato come, in caso di votazione sullo ius soli, si sarebbe espressa contro; le dichiarazi­oni del ministro degli Interni austriaco che comunica a un attonito collega italiano di chiudere il Brennero se l’Italia non mette in atto un provvedime­nto riguardant­e la mobilità delle persone sul proprio territorio. Il tutto mentre una diffusa corruttela nella capitale del Paese viene elaborata, anche dai media, con un sospiro di sollievo (sic!) perché non si tratterebb­e di mafia. La domanda, di fronte a tutto ciò, è solo una: quale fine ha fatto l’asticella della civiltà e della democrazia? Dove sono cioè i fondamenti etici e spirituali delle nostre coscienze? La verità, ancorché da trovare continuame­nte, non è depositata da qualche parte, là fuori, ma coinvolge ognuno di noi che è responsabi­le di cercarla. Abbiamo bisogno di una verità che non ci lasci indenni, ma che vada conosciuta e incorporat­a, guardando con attenzione all’effetto di ritorno che un simile presente ha su di noi. Se vogliamo ottenere qualcosa in cambio da ciò che ci accade, non possiamo osservare gli eventi come se non ne fossimo responsabi­li e come se potessimo restare immobili e imperturba­bili. Si tratta di un’esperienza dolorosa e trasformat­iva che è condizione indispensa­bile per ogni avvenire possibile.

Si deve allora cercare la sicurezza delle nostre vite non mollando sulle regole base della democrazia. Dobbiamo comprender­e il fenomeno della mobilità delle genti stabilendo finalmente norme civili e ferme. Bisogna inoltre recuperare la forza di indignarci davanti alle derive antidemocr­atiche e di convivenza. Se abbiamo una voce autonoma, è il momento di farla sentire. Contro ogni «polizia discorsiva» e ogni «verità» intesa come macchina per escludere.

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