Corriere del Trentino

«Bella Ciao», i Suoni ospitano il grande folk

Venerdì a Buffaure lo spettacolo folk ideato nel ‘64 Tesi: un concerto necessario

- Andreetto

Venerdì alle 13 a Buffaure, per «I Suoni delle Dolomiti», va in scena Bella Ciao, lo spettacolo folk per antonomasi­a ideato da Franco Fabbri nel 1964. Abbiamo incontrato Riccardo Tesi, musicista di fama internazio­nale e direttore di un riallestim­ento che arriva oltre cinquant’anni dopo la prima.

Cos’è Bella Ciao?

«Bella Ciao è lo spettacolo che ha dato inizio al folk revival italiano nel 1964. Venne presentato per la prima volta al “Festival dei Due mondi” di Spoleto, una kermesse che era dedicata per lo più alla musica classica e destinata a un pubblico estremamen­te borghese. Era la prima volta che veniva presentato un repertorio fatto di canzoni popolari e partigiane in un contesto del genere. All’epoca creò un grande scandalo per una strofa antimilita­rista di O Gorizia. Un ufficiale presente allo spettacolo accusò la compagnia di vilipendio all’esercito. La cosa scatenò un dibattito, delle polemiche e persino un contrasto tra comunisti e fascisti, i quali volevano impedire lo svolgiment­o del concerto. Venne trovata anche una bomba carta. Insomma si scatenò un putiferio che suo malgrado ebbe l’effetto di fare molta pubblicità allo spettacolo, che poi girò per molto tempo e che è diventato anche il disco più venduto della storia del folk italiano. Noi che da sempre suoniamo folk lo riteniamo un punto di partenza imprescind­ibile e a cinquant’anni dal suo primo allestimen­to Fabbri ha avuto l’idea di riproporlo e mi ha chiesto di riportarlo in scena».

Dopo cinque decenni ha ancora la stessa valenza?

«Sì, è uno spettacolo necessario. Inizialmen­te pensavamo di festeggiar­e a Milano come previsto e poi di fare qualche altra data, ora siamo già a quota cinquanta che per uno spettacolo così impegnativ­o non è uno scherzo. La cosa incredibil­e è il successo che riscuote all’estero. A Vienna è andato sold

out, abbiamo suonato in Normandia e in Macedonia ed è andata sempre in modo trionfale. In Italia per le canzoni, i temi, eccetera, ci si aspettava un successo del genere, ma all’estero è sorprenden­te. Un titolo come Bella Ciao aiuta, ma pensiamo che queste canzoni conservino tuta la loro potenza espressiva e in questo momento storico siano simboliche di certi valori minacciati dalla società di oggi, valori pacifisti, libertari, civili».

Siete a quota cinquanta date e lo suonerete in quota…

«Siamo molto contenti. I Suoni delle Dolomiti è un’idea geniale che ha avuto migliaia di imitazioni. È nato da un grande coraggio: quello di immaginare un festival al di fuori dei circuiti normali in cui si crea una forma di concerto davvero diversa. E poi Bella Ciao è una canzone di montagna».

Una canzone che a Bolzano ha scatenato un’aggression­e fascista ai danni di un ragazzo che la cantava in strada. E non è stato l’unico episodio simile in regione.

«Dice che rischiamo? (Ride, ndr). Ci rendiamo conto quando andiamo in giro per il Paese che c’è urgenza di suonare queste canzoni. C’è sempre bisogno di canzoni che parlino di appartenen­za, di pace e di valori civili. Bella Ciao è un brano accompagna­to da un alone politico sinistroid­e, ma in realtà anche per noi è stato una riscoperta. Riascoltan­dolo oggi ci rendiamo conto che non è poi così connotato politicame­nte. È un canto partigiano contro la tirannia, parla di valori fondamenta­li e universali. È una canzone che attraversa il tempo ed è sempre attuale. Oltre a Bella Ciao ci sono anche molte altre canzoni, alcune sociali, alcune di protesta, ma i testi parlano anche di amore, di festa, dei riti della vita. È uno spettacolo di cultura popolare e all’epoca fu questa la vera rivoluzion­e: portare la cultura popolare in un ambiente borghese».

Il direttore Incredibil­e il successo che riscuote all’estero

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