«Può essere polo d’attrazione, ma occorre rispetto per l’edificio»
«Dare senso al quadrilatero che si affaccia su piazza Vittoria è importante non solo per l’edificio in sé, ma per tutta quella parte di città». Alessandro Franceschini, architetto, vicepresidente dell’Ordine trentino, esperto di urbanistica, interviene a titolo personale sulla riqualificazione del Palazzo delle poste.
Franceschini, con la firma della convenzione il progetto ha fatto un passo avanti.
«L’asse urbano via Calepinavia Mantova è importantissimo, nei primi anni del Novecento era stato pensato come contraltare al binomio via Belenzani-via Roma, cardo e decumano dell’urbe romana, come impianto viario in grado di creare un nuovo equilibrio all’interno del capoluogo, non a caso era stato dotato di molti edifici pubblici. Poi il centro amministrativo è stato spostato verso piazza Dante, ma quella porzione di città rimane strategica».
In che senso dal suo punto di vista?
«Guardando alle relazioni che riesce a instaurare con altre parti del tessuto urbano. Dopo via san Martino e via Suffragio, quella è la zona cittadina che soffre di più lo strapotere di via Verdi e dell’asse che porta al quartiere delle Albere: ricostruire un centro di aggregazione che possa creare identità è importante».
Altrimenti quali sarebbero i rischi che corre tale area?
«Concentrare tutto su alcune parti di città rischia di renderne deserte altre e di far venire a mancare il presidio sociale, con la conseguenza di farle diventare luoghi marginali e pericolosi, o almeno percepiti come tali».
Quanto al partenariato pubblico-privato?
«Credo sia una strada che vedremo sempre maggiormente percorsa in futuro. Non è una cosa negativa se ben regolamentata, anche perché gli enti pubblici non dispongono di risorse in questo periodo. Mi piace molto, inoltre, il fatto che le concessioni fatte dall’ente pubblico in termini volumetrici o di funzioni vengano restituite alla collettività attraverso riqualificazioni».
Con questo progetto quella porzione di città potrebbe risorgere a nuova vita?
«Se immaginiamo il Palazzo delle Poste come infrastruttura socio-culturale, luogo capace di attrarre persone, flussi, investimenti, questo progetto non può che essere positivo, perché crea un polo di attrazione in grado di spargere benefici tutto intorno, facendo anche in modo che la città non sia monofunzionale. Quando è settoriale, infatti, non funziona: finché le funzioni si mescolano fra di loro la città ne uscirà arricchita, anche perché così si prolunga l’arco temporale in cui viene fruita. C’è un’ultima cosa, tuttavia».
Prego.
«È necessario un grande rispetto per l’architettura di questo edificio, che era, originariamente, colorato d’azzurro. Sarebbe bello che la riqualificazione contemplasse anche un ritorno alla forma primigenia».