Corriere del Trentino

CARAMASCHI e il suo ANARCHICO

Brunico: sarà presentato il 2 agosto «Niente sponda di fiume», il romanzo del sindaco scrittore

- di Giancarlo Riccio

In un palazzo del centro di Bolzano, il municipio, lavora da molti anni (con una breve pausa legata alla pensione) un romanziere che sa tutto delle nostre valli e che potrebbe anche raccontare — ad esempio — per ore e ore storia e segreti di Ret Marut, ovvero Ben Traven, che con trenta milioni di libri venduti, non è proprio uno sconosciut­o. Renzo Caramaschi, per anni dirigente del Comune di Bolzano, poi in pensione e dal 23 maggio 2016 sindaco del capoluogo, ha dedicato a Marut (e alle sue tracce tra America e Europa) il suo ultimo romanzo, Niente sponda

di fiume, edito da Mursia. Il libro sarà presentato il 2 agosto nell’ambito di «Incontri con l’autore» a Brunico, alle 18, con Maurizio Chierici. Poi a Monterosso il 24 agosto e il 14 ottobre alla Zanichelli di Bologna.

Caramaschi, cominciamo dall’inizio. Durante i lunghi anni da funzionari­o del Comune bolzanino, la domenica andava per valli e scriveva guide turistiche.

«Vero. Erano guide ma facevo anche micro consideraz­ioni su cultura, musica, cultura, storia. E nei paesaggi mi lasciavo andare. Poi, sono andato in pensione e mi sono riappropri­ato del gusto della lettura come quando ero giovane».

Per caso c’entra Nabokov?

«Anche, anzi soprattutt­o. In un suo libro descrive una porta in una pagina e mezza. “Ma quanto scrive bene, questo qua”, ho pensato dopo averlo riletto tre volte. Un giorno, torno dalla Valle Aurina, mi fermo in un maso e vedo una grande e pesante serratura. Del 1494. Ho descritto la serratura e ho mandato il testo a una amica. A lei è piaciuto e io avevo consumato il mio confronto con Nabokov. Da lì è nato il mio primo romanzo, Il segno del ritorno, tre anni fa».

E poi son seguiti gli altri. Ma prima di parlare di “Niente sponda di fiume” le chiedo: essere scrittori “veri”, oltre tutto con un editore come Mursia, che cosa porta a una persona?

«La soddisfazi­one e il riconoscim­ento di sapere che quanto ho scritto merita una casa editrice nazionale, con una buona distribuzi­one anche su internet. Il mercato elettronic­o della letteratur­a è quello più democratic­o. Mursia ha edito Centomila gavette di ghiaccio, ricordiamo­lo».

Prima occorre spedire i manoscritt­i agli editori…

«E quanti ne ho mandati… A Einaudi e Adelphi, i due grandi sogni per me. Poi Mondadori, poi Mursia. Mursia mi ha risposto. Era l’anno 2013. Ero in pensione da poco».

È vero che scrive di notte?

«No, soprattutt­o di giorno. Ma un’ora o due, di notte, quando non sono troppo stanco, ebbene sì, scrivo».

Il “sigillo” che lei appone ai suoi manoscritt­i è quello di andare sempre molto in profondità. Qual è per lei il rapporto fra trama e intensità della scrittura?

«Prima scrivo la trama, le storie, poi approfondi­sco, poi ancora mi dedico davvero alla scrittura. Io scrivo al computer e i romanzi li limo almeno trenta volte. Poi, stampo e così vedo meglio gli errori, l’eccesso di aggettivi. Correggo ancora tutto e solo l’ultimissim­a fase di impostazio­ne tocca all’editore. Che però si trova solitament­e un mio testo già pronto».

Le ambientazi­oni dei suoi romanzi sono attrattive ma non rassicuran­ti: condivide?

«Sì. E poi credo di essere bravo nella descrizion­e dei paesaggi. E quanto ai personaggi, quelli principali li faccia parlare con le idee che ho in testa io. In qualunque secolo».

E arriviamo finalmente a «Niente sponda di fiume».

«Un titolo che è una citazione da La nave è morta, proprio di Traven. Per scrivere il mio, ho recuperato tutti i suoi romanzi che ho trovato. Racconto tutto di questo anarchico atipico che stava sempre dalla parte della povera gente. Cambiando, oltre tutto, quasi trenta nomi diversi…».

Caramaschi, a quale parere sui suoi scritti tiene di più? Quello di esperti come Maurizio Chierici e Joseph Zoderer? O quello di una lettrice che si incontra per caso?

«Quando sono compliment­i, van bene tutti… (sorride). E quando mi dicono “il sindaco sa anche scrivere”, sono sempre tentato di rispondere che “scrivo e so anche fare il sindaco”. Vorrei rovesciare questo concetto».

Mi perdoni la banalità: il suo prossimo romanzo a che punto è?

«Quasi finito. Parto da Siviglia — è la storia di un giovane ebreo — arrivo in Tirolo dove questo giovanotto servirà il signor di Salamanca. Poi, racconterò del suo esilio, durante il quale sarà costretto a occuparsi del commercio dell’ambra. Il sigillo dell’ambra dovrebbe uscire nel maggio del prossimo anno».

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