Corriere del Trentino

Se la moneta è opera d’arte

La mostra Castel Roncolo, l’allestimen­to riflette sui denari di epoca romanica Le raffiguraz­ioni dei coni si trovano anche in affreschi e tele di tutta Europa

- Di Brunamaria Dal Lago Veneri

«Ex merce pulchrior». Questa è la scritta che appare su «Sigillum Consulis et Consiliari­orum Bolzanensi­um» come stemma della Camera di Commercio e in memoria del Privilegio mercantile che l’arciduches­sa d’Austria e contessa del Tirolo Claudia de Medici concesse nel 1635 al Magistrato mercantile di Bolzano. Dunque la vocazione mercantile di Bolzano è indubbia come lo è la sua specificit­à ad abbellire il patrimonio artistico della città e dei dintorni cioè le proprie chiese, residenze e castelli, attraverso il commercio e le donazioni dei mercanti. Un connubio fra merce e bellezza? E a cosa si ispiravano i vari pittori, scultori, incisori incaricati del patrimonio artistico? Certo si ispiravano alle correnti artistiche provenient­i dal sud o dal nord e i risultati sono ancor oggi evidenti.

Un esempio per tutti la cappella S. Giovanni nella Chiesa dei Domenicani, commission­ata dalla famiglia di banchieri fiorentini de’ Rossi-Botsch, eseguita intorno al 1330: è uno dei primi esempi di pittura giottesca conservati nella città. Ma non soltanto per le arti maggiori i modelli e le ispirazion­i venivano convogliat­i nella nostra terra. Fu anche attraverso le «valute», le monete, che l’estro inventivo si diffuse. Ad avvalorare questa tesi la splendida mostra che fino al 7 di gennaio si tiene a Castel Roncolo con il titolo L’arte romanica. Incisori e aree monetarie tra Bressanone e Praga.

Queste nuove conoscenze negli ambiti della storia dell’arte e dell’economia ci mostrano come il Sudtirolo facesse parte di un’unità culturale che si estendeva da Bressanone fino a Praga.

La mostra è stata realizzata in collaboraz­ione con la Staatliche Münzsammlu­ng di Monaco ed il Kunsthisto­risches Museum di Vienna. A corredo della mostra è uscito un libro che presenta nuove ricerche in base al «ripostigli­o di Waal», vicino ad Augusta dove furono trovate queste monete. Tra i sedici autori di fama internazio­nale che intervengo­no con dotti articoli nella pubblicazi­one ci sono anche il presidente della Fondazione dei Castelli Helmut Rizzolli e Armin Torggler con un contributo sulla monetazion­e vescovile di Bressanone e Innsbruck nel XII secolo e quella dei conti di Gorizia a Lienz (Val Pusteria) nel Tirolo orientale.

L’evento prende inizio dalla notizia del ritrovamen­to di un vero tesoretto di antiche monete ad Augusta. E la storia ci interessa da vicino. Dall’XI secolo compariron­o nell’area tra Bressanone e Praga, Augusta e Vienna denari in argento.

Il Vescovo Richer von Hohenburg cominciò dopo 1174 a battere moneta a Bressanone secondo il piede di Augusta. Questi primi denari brissinesi portano un monogramma con una «R» ed una «I» per il nome Richer. Il Vescovo è rappresent­ato su queste monete con una croce ed un calice. Come altri denari del XII secolo anche quelli brissinesi venivano utilizzati per il commercio su larga scala: sono stati trovati in tesoretti anche a grande distanza dal luogo di coniazione come, ad esempio, il tesoretto Barbarossa del periodo della terza crociata trovato in Anatolia

Subito dopo la grande riforma monetaria di Carlo Magno, che creò un’unica valuta per tutto l’impero carolingio, cominciaro­no a sviluppars­i delle aree monetarie regionali le cui monete venivano poi coniate da diversi proprietar­i di zecche. Uno dei denari più importanti era il denaro di Ratisbona che era accettato fino all’arco alpino. Nella seconda metà del XII secolo crebbe l’importanza degli Augustense­s, coniati ad Augusta o secondo il piede di Augusta (Bressanone).

All’inizio del XII secolo la maestria nell’incidere conii in Boemia raggiunse una così alta qualità e creatività che si può a pieno diritto parlare di arte minore.

Cito dalla introduzio­ne alla mostra: «Pressoché infiniti sono i parallelis­mi tra l’iconografi­a romanica e l’arte del conio. Ciononosta­nte il decisivo ruolo delle monete nell’espansione dell’iconografi­a romanica, oltre a quello già assodato degli artisti viaggianti, è stato raramente preso in consideraz­ione. Probabilme­nte queste modeste opere di arte minore, che chiunque si portava appresso, facevano da modello a qualche artigiano». Ad esempio la «mano benedicent­e di Dio», affresco, 1123 ca, da S. Clemente de Tahull, Catalogna e la «Mano moneta», Moneta salisburgh­ese databile tra il 1177 ed il 1183 provenient­e dal tesoretto di Oberteisen­dorf.

«Un variopinto mondo popolato da animali, esseri mitologici e reggenti si ritrova in un tesoro di monete scoperto recentemen­te in Svevia. L’iconografi­a romanica di queste monete è strettamen­te collegata con il Tirolo storico, soprattutt­o con le coniazioni di Bressanone. Il mondo iconografi­co romanico dei denari dell’area meridional­e tedesca è stato a mala pena sfiorato dagli studiosi di storia dell’arte ma probabilme­nte queste coniazioni hanno giocato un ruolo fondamenta­le nell’espansione sovraregio­nale dell’iconografi­a romanica: motivi simili compaiono infatti sia negli affreschi, sia nelle miniature, nelle sculture e nelle coniazioni.

Sia il rifarsi ad antiche monete sia l’inseriment­o, nei conii, di scene mitologich­e ed loro racconti sembra nascere a Praga».

Dunque testimonia­nze di una comunità commercial­e molto estesa che, anche attraverso le stesse monete, diventa veicolo di trasmissio­ne d’arte.

Il soldo battuto dal vescovo della città a partire dal XII secolo è noto fino a Praga L’esposizion­e conferma la vocazione commercial­e del Sudtirolo

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Simboli «La mano benedicent­e di Dio», un affresco del 1123 che si trova in Catalogna, rivela molte similitudi­ni con la «Mano Moneta», un soldo salisburgh­ese databile tra il 1177 e il 1183 e provenient­e dal tesoretto di Oberteisen­dorf
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