Il mio lavoro? Stare con i cittadini
Iniziata la lettura dell’intervento di Alex Marini sul Corriere del Trentino di mercoledì 13 settembre dal titolo: «Sindaci, retorica e storytelling», ho temuto per un momento di riuscire ad arrivare fino in fondo senza l’aiuto di un vocabolario. Invece ce l’ho fatta. Anche se l’opera dell’autore olandese, confesso, non l’avevo proprio letta. Premetto che il termine «sindaci civici» ci è stato affibbiato dalla stampa.
La prima riflessione che vorrei fare riguarda il significato delle parole. Vero che un sindaco è civico per definizione. Senza alcuna ironia, possiamo essere totalmente d’accordo sul fatto che l’enunciato «sindaco civico» sia tautologico (e qui ho usato il vocabolario). La seconda versione del termine «civico» proposta da Marini l’ho trovata invece insufficiente. Civico, per chi si riconosce nel nostro movimento, vuol dire non ideologico. So che è un concetto difficile, ma molti, per esempio quelli che ci hanno votati, sembrano averlo capito. Se a qualcuno non piace, però, potremo chiamarci «Valeria» che è davvero un gran bel nome. Per evitare fatiche inutili preciso che non è un acronimo. L’altra considerazione punta al rapporto con i cittadini. Metterli al centro è una preoccupazione, o un’intenzione, che Marini e io condividiamo. Ciò che ci rende diversi sono due sottintesi. Il primo riguarda il modo per rendere effettiva tale centralità. Non penso che i cittadini si sveglino la mattina avendo come obiettivo principale quello di partecipare alla gestione della cosa pubblica. Stante così le cose considero inutili assemblee, raccolte firme, dirette televisive dei consigli comunali, urban center, voti elettronici. Per quanto mi riguarda incontro le persone, parlo con loro, cerco di coinvolgerle nelle decisioni, prendo in considerazione ogni proposta e poi dico sì o no. Quando c’è una decisione da attuare la preparo, la spiego, la difendo. Se ho sbagliato, cerco di correggermi. Il mio lavoro consiste soprattutto nello stare in mezzo alla gente, sapendo (e molta politica lo dimentica spesso) che avere consenso non significa dare sempre ragione a tutti. Il secondo sottinteso, che segna una certa distanza tra me e Marini, riguarda forse il senso stesso della democrazia. Per quanto mi riguarda la politica deve dare risposte concrete ai problemi delle persone e preparare il futuro cercando di guardare lontano. Ma la politica ci sarà sempre e io, contrario al sistema dei partiti, credo che sia bene così. Temo che la democrazia diretta, se la intendiamo nell’accezione di portare in piazza qualunque decisione, finirebbe per diventare la negazione stessa della democrazia.