Elisoccorso, allarme degli esperti «Troppi escursionisti impreparati»
Convegno allo Sheraton. Gajer: agosto con molti interventi. Berenzi: manca educazione
Operazioni di soccorso ad alto rischio, trasferimenti sanitari, ricerche di persone. Dietro tutto questo, ci sono gli uomini e le donne che tra medici, paramedici, tecnici e volontari del Soccorso alpino rendono possibile l’attività dell’elisoccorso in regione: «Troppi escursionisti impreparati».
BOLZANO Operazioni di soccorso ad alto rischio, talvolta anche in notturna, trasferimenti sanitari, ricerche di persone scomparse o di corpi non ancora individuati. Dietro tutto questo, ci sono gli uomini e le donne che tra medici, paramedici, tecnici e volontari del Soccorso alpino rendono possibile l’attività di tre elicotteri (Pelikan 1, Pelikan 2 e Aiut Alpin Dolomites) nella sola provincia di Bolzano.
Al convegno «L’elicottero nella società civile», tenutosi ieri all’hotel Sheraton di Bolzano e organizzato dal Cnsas Alto Adige e patrocinato, tra gli altri, anche dal Trento Film Festival, si è discusso però anche dell’attività di controllo del territorio e di esperienze di soccorso in mare e in situazioni di crisi. Realtà diverse, con oltre 150 persone presenti, si sono potute confrontare, condividendo ciascuna il proprio bagaglio di esperienza. Nel segno e nel ricordo di due persone che del soccorso alpino in Alto Adige hanno fatto la storia: Lorenzo Zampatti e Michele Nardin, ai quali era dedicata l’iniziativa. Un tema, però, ha attraversato in particolar modo i panel riguardanti gli interventi sanitari in zone impervie: la sempre più frequente impreparazione di chi affronta la montagna.
Ad evidenziarlo è, in primis, il presidente del Cnsas altoatesino Giorgio Gajer: «Lo abbiamo visto anche in quest’ultimo agosto: gli interventi sono stati tantissimi, e purtroppo spesso a causa di gente impreparata che non ascolta il meteo o si avventura senza l’attrezzatura adatta. Con il risultato che i nostri soccorritori si ritrovano a intervenire in ambienti sempre più impervi, anche perché negli ultimi anni si riesce ad arrivare con le seggiovie a quote molto elevate. Nonostante le nostre campagne di prevenzione — sottolinea amareggiato Gajer — continuiamo a rilevare poca educazione alla montagna. L’elicottero è dunque diventato un mezzo direi indispensabile, permette interventi rapidissimi. Non parliamo solo di una macchina, ma del paradigma dell’impegno umano per il controllo, la prevenzione e il soccorso nella realtà quotidiana».
Medesime riflessioni prendono piede anche nel corso dell’intervento di Paolo Berenzi, della centrale di emergenza provinciale. «La maleducazione delle persone sta crescendo in modo esponenziale, e spesso ci si ritrova a farsi carico di situazioni non di effettivo bisogno. Non so se ci possa essere una correlazione tra la nostra crescente efficienza e la deresponsabilizzazione degli utenti, ma è certo che questi ultimi vanno educati a prescindere». I dati illustrati relativi al 2016, del resto, fanno emergere aspetti interessanti: il picco degli interventi di soccorso si registra in agosto, e su 2.400 interventi primari, oltre il 40% avviene nell’ambito di attività sportive. Di questi, 578 per sport invernali, e oltre trecento per alpinismo ed escursionismo, «con un evidente ruolo fondamentale del Soccorso alpino», ha sottolineato Berenzi.
Due le testimonianze - chiave dal Trentino: da un lato il prezioso lavoro dei tecnici di elisoccorso del soccorso alpino, illustrato da Roberto Misseroni, che dirige la scuola nazionale, e dall’altro l’intenso racconto di Piergiorgio Rosati, pilota del nucleo elicotteri di Trento, che da anni durante i mesi di ferie presta servizio come pilota nella zona dell’Himalaya, con interventi di soccorso effettuati a oltre seimila metri. «Questa attività ha dei limiti oggettivi e soggettivi, e la cosa fondamentale è saperli riconoscere», ha spiegato Misseroni, che ha evidenziato tra gli aspetti più importanti della figura di tecnico il lavoro di equipaggio e la capacità di valutazione, soprattutto dell’ambiente in cui si va a intervenire.
Sinergie indispensabili che non ha mancato di evidenziare anche la dottoressa Lydia Rauch, direttrice sanitaria dell’Aiut Alpin Dolomites, che al convegno ha ripercorso l’attività del corpo con base a Pontives.
«Siamo soddisfatti, abbiamo creato un momento di dialogo unico, con tante realtà, civili e anche militari che hanno discusso e si sono confrontate. Con un pensiero costante a Lorenzo e Michele», chiosa il presidente Gajer.
Il vertice del Cnsas «Il volo è strumento ormai necessario visti anche gli incidenti in ambienti sempre più impervi» Il sanitario «Riceviamo spesso chiamate in cui ci viene chiesto di intervenire pur non essendoci effettivo bisogno» Misseroni «Il tecnico, un lavoro che richiede grande capacità di valutazione, soprattutto dell’ambito in cui si opera»