Picchia la moglie con una cinghia
Trentasettenne condannato a due anni di reclusione
TRENTO Ancora una storia di violenza contro una donna, come le tante, troppe, che affollano quotidianamente le cronache. Una storia di dolore e sopraffazione, di maltrattamenti fisici e psicologici, che ha portato alla condanna di un trentasettenne albanese a due anni e un mese di reclusione.
Nemmeno la presenza del figlio di tenerissima età ha mai fermato l’uomo, che per anni ha costretto la moglie a un vissuto di timore costante, fatto di umiliazioni e minacce, fino a portare la donna a temere per la propria vita e per quella del bambino e a decidere di andare via da casa.
L’escalation di scenate di gelosia, ingiurie, percosse, minacce di morte, raggiunge il culmine nel momento in cui l’uomo arriva ad afferrare la moglie alla gola e a colpirla più volte alla schiena con una cinghia, causandole degli ematomi e dicendole che «la prossima volta» l’avrebbe «coperta di sangue».
Non è difficile immaginare lo stato di prostrazione e disperazione della donna. Poco tempo dopo il marito, nel corso di una discussione, era arrivato a colpirla con un pugno alla testa e a distruggerle il telefono cellulare. La donna inizia seriamente a temere per la propria incolumità e per quella del figlio e decide di allontanarsi da casa. Nei confronti dell’uomo era già stata emessa un’ordinanza di divieto di avvicinamento alla moglie, con l’interruzione di ogni forma di comunicazione. È stato condannato anche al risarcimento dei danni.