Cellulare in classe
Oggi se non hai smart,tablet o uno straccio di indirizzo mail vieni guardato come un alieno. Tra quelli della mia generazione c’è chi con fare vezzoso proclama: «Io non so nemmeno cosa sia un touch» (e credo che non ci sia nulla di cui vantarsi) e chi invece quasi si scusa di tale ignoranza. Dopo i nati digitali, gli immigrati digitali, ci siamo noi: gli incapaci digitali. Ma non per tutti è così. Giovani e giovanissimi non hanno un simile problema. Come «nati digitali» sono cresciuti a biberon e giga.
Ben venga quindi che anche la scuola si adegui con strumenti e metodi che siano al passo dei tempi e di altre società. L’utilità del web e di internet è innegabile anche in campo didattico e di ricerca, su questo non si discute. Ma il timore di passare per vecchi e superati prende talvolta anche i rappresentanti delle istituzioni, scambiando il modernismo per progresso: è il caso del ministro Fedeli. Il cellulare sarà permesso e promosso anche in classe. Credo che sia un provvedimento sciocco, superfluo e deleterio. Un conto sono i tablet, laptop, ebook, pc e quant’altro serva alla ricerca e all’approfondimento, un conto è uno strumento come lo smart che ai ragazzi serve a tutto fuorché allo studio. Fedeli in un’intervista ha detto che saranno educati a farne un uso adeguato. Ma lo immaginiamo il quindicenne, adolescente in crescita, che lo usa per leggersi la vita di madame Curie? Probabilmente il suo orizzonte è molto più prosaico e immediato. Parlerà perfino con il compagno di banco via Whatsapp.
Non occorre essere esperti di problemi giovanili e di famiglia per capire che la cantonata è epocale. Vero che lo smart connette questi ragazzi al mondo, ma solo un buon libro ( e comunque basta anche un ebook) li connette al proprio cervello .
Rita Grisenti, TRENTO