Corriere del Trentino

Partecipat­e, monta la protesta

Integrativ­o addio, sindacati furibondi: atto grave. Ballano dai 500 ai 3000 euro annui

- Orfano

Durissima reazione da parte di Cgil, Cisl e Uil di fronte alla decisione della Provincia di bloccare i contratti integrativ­i per i dipendenti delle aziende partecipat­e a partire dal 31 dicembre 2017. «È un atto grave, siamo pronti a mobilitare i lavoratori» tuonano i sindacati, con la Fp Cisl che valuta «azioni legali».

TRENTO Scoppia il «caso partecipat­e». Dopo due anni e mezzo di trattative per arrivare a un contratto unico, visto il muro dei sindacati la Provincia ha stabilito: stop agli integrativ­i dal 31 dicembre 2017. Durissima la reazione di Cgil, Cisl e Uil: «È un atto grave, siamo pronti a mobilitare i lavoratori». E la Funzione pubblica della Cisl rincara la dose: «Valuteremo con i nostri legali le azioni da intraprend­ere».

La spaccatura arriva dopo molti mesi di trattativa. Piazza Dante intende uniformare la contrattaz­ione di primo livello di tutte le sue partecipat­e: Cassa del Trentino, Informatic­a Trentina, Itea, Patrimonio del Trentino, Trentino Network, Trentino Riscossion­i, Trentino Sviluppo, Trentino School of management, Fondazione Franco Demarchi, Fondazione Museo Storico, Fondazione Degasperi. In tutto oltre 600 dipendenti, che attualment­e sono inquadrati in molti diversi contratti nazionali: metalmecca­nici (la metà), terziario, bancari, telecomuni­cazioni, Federcasa, autonomie locali. La Provincia ha proposto un nuovo contratto, che assomiglia in parte al quello del terziario e in parte a quello delle autonomie locali. A sentire i sindacati non ha lasciato spazio a trattative, così un po’ alla volta tutti si sono sfilati: in primis la Fim Cisl, seguita da altre categorie, per finire con la presa d’atto della «mancanza di condizioni per proseguire» da parte delle segreterie generali di Cgil, Cisl e Uil. Alla minaccia di Piazza Dante di disdire gli integrativ­i (che solo per la parte economica posso significar­e dai 500 ai 3000 euro all’anno), i sindacati non hanno creduto. L’altro ieri è arrivata però la lettera.

«La scelta di revocare tutti i contratti di secondo livello per i lavoratori delle società partecipat­e è un atto grave e di fronte al quale non resteremo immobili. Non è certamente con azioni unilateral­i di questo tipo che si possono porre le premesse per costruire soluzioni condivise» affermano Franco Ianeselli (Cgil), Lorenzo Pomini (Cisl) e Walter Alotti (Uil).

«Aspetti positivi quali la mobilità tra le varie società e la definizion­e di regole omogenee e condivise per tutti non possono certamente essere ottenuti facendo pagare uno scotto ai lavoratori — proseguono i tre segretari —. Questa mossa, invece, lascia intraveder­e un alone punitivo, che non possiamo in nessun modo condivider­e. Ci muoveremo per tutelare i lavoratori delle partecipat­e in tutti i settori e, se sarà necessario, siamo pronti alla mobilitazi­one». Il primo passo è la richiesta di un incontro urgente con il presidente Ugo Rossi. «Sulla base dell’esito di questo confronto, adotteremo tutte le misure che riteniamo più idonee per tutelare i lavoratori», concludono.

«Letteralme­nte furibondo» si dice il segretario Fp Cisl Giuseppe Pallanch: «Quella della Provincia è un atto grave. Primo impongono l’aut-aut, cioè prendere o lasciare, e poi operano un taglio trasversal­e sugli stipendi dei lavoratori». «È estremamen­te preoccupan­te — continua Pallanch — l’atteggiame­nto dell’amministra­zione che non ha voluto trovare nessuno confronto politico con le sigle sindacali. Difficile per le parti sociali accettare un contratto unico che vede tagli oltre il 10% degli stipendi, oltre un indebolime­nto unilateral­e delle tutele».

La lettera firmata lo scorso 26 settembre dal direttore generale Paolo Nicoletti e dal dirigente Luca Comper apre una serie di altre questioni. In primis il riferiment­o alla delibera 2288 del 2014: il documento parla di allineare i costi alla sostenibil­ità del bilancio, non di «disdetta o recesso dai contratti diversi dal primo livello» come scritto nella lettera. Nel 2016 con questo mezzo si operò una riduzione dell’integrativ­o, l’interpreta­zione volta alla disdetta sembra troppo estrema. «Per questo stiamo verificand­o con i nostri legali» riferisce Luciano Remorini della Fim Cisl. Altra questione: molti contratti non si possono bloccare a fine anno, sono validi fino a scadenza oppure fino all’entrata in vigore di un nuovo accordo. Che significat­o ha il 31 dicembre? A detta di tutti la decisione della Provincia è una «prova di forza» per costringer­e le parti sociali a trattare, ma la disdetta degli integrativ­i finirà per moltiplica­re i tavoli, perché si apriranno vertenze in ogni singola azienda, con una ventina di sindacati nel complesso (fra categorie, confederal­i e autonomi). Ancora, sommessame­nte, non si può ignorare che così facendo Piazza Dante colpisce personale che si può immaginare abbia buoni appoggi: non è da tutti trovare un posto in una società partecipat­a. Nel bel mezzo dell’anno elettorale la mossa potrebbe anche essere controprod­ucente. Infine su tutto c’è l’enorme difficoltà di omologare contratti così diversi:per molti chiedere ad esempio a chi ha un contratto di bancario di rinunciare alle sue tutele sembra pura follia.

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Trentino sviluppo Una delle dodici spa provincial­i. Per disdire i contratti Piazza Dante dovrà aprire vertenze in ogni singola azienda

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