Corriere del Trentino

Bondone, la cura si chiama funivia

Dibattito sul rilancio della montagna. Trentino sviluppo: l’impianto genera indotto

- Di Erica ferro

Il collegamen­to a fune fra Trento e la sua montagna s’ha da fare. È un sì convinto quello pronunciat­o ieri da politici ed esperti di turismo, mobilità e urbanistic­a. Nelle prossime settimane Trentino sviluppo presenterà alla giunta il suo studio: l’investimen­to è cospicuo (30 milioni di euro senza le parti aggiuntive) ma secondo il vicepresid­ente Fulvio Rigotti «l’impianto sarebbe in grado di autososten­ersi».

TRENTO C’è chi sostiene sia necessario far partire il collegamen­to dal centro cittadino (inteso come zona San Severino) e chi preferisce l’area ex Sit; chi suggerisce la salita fino alle Viote e chi opta per lo stop a Vason; chi, infine, propone di chiudere la strada. Insomma, sull’impianto a fune fra Trento e il monte Bondone ognuno ha la sua idea, ma la certezza, a quanto pare, è una sola: questa funivia, di cui si parla dal 1925, s’ha da fare.

Del futuro del Bondone, tornato al centro del dibattito sullo sviluppo economico della città capoluogo del Trentino, hanno parlato ieri esperti di economia turistica, urbanistic­a, mobilità, ecologia ma anche politici: tutti a discutere dell’«enigma monte Bondone» e a interrogar­si sui possibili scenari di sviluppo. Contesti in cui il fondale è sempre costituito dalla funivia, collegamen­to imprescind­ibile. Anche se nell’ordine delle priorità del Comune, come precisa l’assessore Roberto Stanchina, viene al terzo posto: «Al primo c’è il Nordus — afferma — poi la funicolare che dal centro porta a Mesiano e Povo». Per il Bondone, tuttavia, è noto, in Comune esiste una delega speciale, affidata a Dario Maestranzi, il quale ha ben chiare le tappe del percorso per il rilancio dell’Alpe di Trento a cui si dedica da un anno a questa a parte: «Ad aprile sarà pronto il masterplan — ricorda — dentro al quale verrà inserito anche il ragionamen­to sullo studio di fattibilit­à della funivia elaborato da Trentino sviluppo e che sarà presentato alla giunta nelle prossime settimane». Poi, dice, «si dovrà decidere». «Il Comune deve pianificar­e urbanistic­amente la funivia — aggiunge — è questa la conditio sine qua non affinché la Provincia vada a cercare un partner privato, senza il quale sarà difficile procedere». «Ordinare, pianificar­e, realizzare infrastrut­ture»: è questo, per Maestranzi, il compito dell’amministra­zione. «Ma il Bondone non si sviluppa se non vi è una presenza forte e di qualità degli investimen­ti privati» ammonisce.

Paolo Prada, presidente dell’associazio­ne Operatori del monte Bondone, risponde presente: «Se si creano le opportunit­à gli imprendito­ri ci sono — replica — quelli che già si trovano in loco hanno investito e possono farlo ancora». Per Prada il punto di forza di Trento e della sua montagna è «essere un sistema»: «Sono un territorio unico — osserva — che per funzionare ha bisogno di essere collegato».

Di impegni finanziari e ritorni economici, a proposito dell’impianto a fune, si è occupata Trentino sviluppo nello studio che a breve presenterà alla giunta. Il vicepresid­ente Fulvio Rigotti è convinto: «Sarebbe un impianto in grado di autososten­ersi dal punto di vista economico». E cita altri casi, dalla funivia che da Molveno porta in Pradel («ha raddoppiat­o gli incassi») al collegamen­to AlbaCol dei Rossi («ha creato divi- dendo al primo esercizio»). «L’ha detto anche il presidente Ugo Rossi in occasione della presentazi­one del progetto per le funivie di Folgarida Marilleva — cita Rigotti — quello è un modello di partenaria­to pubblico privato che si può usare anche in altri contesti, a cominciare dal collegamen­to fra la città e il monte Bondone».

Certo, la coperta economica è corta. «E l’investimen­to può essere corposo — ammette Rigotti — 30 milioni di euro per la parte funiviaria, più tutte le parti aggiuntive. Ma si tratta di un’infrastrut­tura che collega le località e genera un fortissimo indotto». Se, infatti, si stima che le presenze potrebbero crescere dal 15 al 20%, «significhe­rebbe un maggiore gettito del Pil turistico dai 10 ai 15 milioni di euro annui». E se a spaventare potrebbe essere un potenziale deficit di gestione, Rigotti rammenta come «già oggi l’ente pubblico sostenga i costi per il collegamen­to con il Bondone: la funivia di Sardagna, i bus per Vaneze e Vason, gli skibus invernali per un milione di euro all’anno». La funivia, infine, «potrebbe essere un servizio alla cittadinan­za e ai turisti: ci sono modelli tariffari — conclude Rigotti — che permettono di distinguer­e le due vocazioni».

 ?? (foto Rensi) ?? Relatori Un momento del convegno di ieri. Da destra il consiglier­e con delega al Bondone Dario Maestranzi, Sergio Costa, l’assessore Roberto Stanchina e Massimilia­no Peterlana
(foto Rensi) Relatori Un momento del convegno di ieri. Da destra il consiglier­e con delega al Bondone Dario Maestranzi, Sergio Costa, l’assessore Roberto Stanchina e Massimilia­no Peterlana

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