Corriere del Trentino

Rossi: «L’autonomia non è scontata Preoccupa Forza Italia al governo»

L’allarme di Ugo Rossi: «I trentini danno per scontata l’autonomia»

- Rossi Tonon

Prende tempo, Ugo Rossi, per conoscere gli sviluppi sulla legge elettorale e i conseguent­i accordi che svilupperà il Partito democratic­o a livello nazionale. Intanto, però, fissa dei paletti. «Non possiamo pensare di andare alle Politiche senza la garanzia di un accordo più forte» sottolinea il governator­e, che spiega di mettere al riparo da un eventuale «scavalcame­nto» sui temi dell’Autonomia da parte di forze politiche che potrebbero entrare in una coalizione più larga. Intanto si lavora sulla Finanziari­a, con al centro gli investimen­ti.

TRENTO «È indubitabi­le che ci siano territori che viaggiano a una velocità maggiore di altri. Serve mettere in presa diretta tutto ciò con i meccanismi di governance». Prima di decidere l’etichetta con cui fissare il concetto è importante prendere coscienza che il tema esiste. «Un tema di attualità», secondo il presidente della Provincia di Trento Ugo Rossi: se ne parla in Veneto e in Lombardia ma accende gli animi anche in Catalogna. Nel caso della regione spagnola, in particolar­e, il governator­e si dice «stupito» per il «silenzio tombale» calato sul «tentativo dello Stato centrale di impedire a un pezzo avanzato d’Europa di svolgere un referendum organizzat­o con la legge».

Presidente, spinte autonomist­e come quelle provenient­i dalla Catalogna, ma anche dal Veneto e dalla Lombardia, definiscon­o un nuovo modello di sviluppo per l’Europa?

«Me lo auguro. Non possiamo pensare che tutte le dinamiche di sviluppo si giochino solo nell’incontro-scontro fra Stati nazionali. È un tema che deve entrare nel dibattito politico, perché quella della Catalogna non può essere considerat­a solo una vicenda interna. Serve dare risposte ai cittadini, alle loro paure, in una chiave territoria­le. Ed è sbagliato considerar­e isolazioni­smo. Il tema c’è ma va incanalato verso la cultura dell’autogovern­o, non come ha fatto la Lega Nord promuovend­o rivendicaz­ioni illusorie».

In Veneto e Lombardia si sta facendo quindi solo propaganda?

«Le idee di maggiore autonomia si potevano avanzare da anni applicando un articolo della Costituzio­ne. Dare risposte territoria­li non è un tema strumental­e ma è nella società, e i referendum lo dimostrano. Bisogna però riempirlo di contenuti».

Però, all’atto pratico, vediamo sedute pubbliche della Consulta semi-deserte.

«In questo caso il fatto è che da noi l’Autonomia è talmente radicata che non ci accorgiamo nemmeno più di averla, non ci rendiamo conto di quanto sia messa a rischio e che se non ce l’avessimo staremmo peggio. In questi giorni sono stato all’incontro dei consultori trentini a Buenos Aires e quelli del Canada e degli Stati Uniti, i due Paesi più sviluppati, mi hanno fatto presente che quando vengono in Trentino restano colpiti da quanto i trentini siano lamentosi. Mi dicevano che non ci rendiamo conto di quanto stiamo bene».

Ma come si può recuperare partecipaz­ione all’idea di Autonomia?

«Se ne devono occupare i partiti e le istituzion­i. Avevo lanciato l’idea di un centro permanente che se ne occupasse ma abbiamo perso un anno perché la si considerav­a localista. Revanscist­a. Oggi molti ne sottolinea­no la mancanza. Credo sia un investimen­to da fare. Lo faremo nella prossima legislatur­a, magari ci lavorerà qualcun altro che ne sente l’esigenza così non ci saranno problemi. Questa, però, è solo una delle occasioni che perdiamo».

Quali sono le altre?

«Ogni anno oltre 5.000 matricole entrano all’università e ho chiesto al rettore di preparare un’introduzio­ne sull’Autonomia per quella che sarà la classe dirigente di domani. Anche ai turisti diciamo molto poco di quanto siamo particolar­i e speciali e nella scuola vale lo stesso».

L’anno prossimo si voterà per le Politiche. Crede sarà un banco di prova dove dimostrare l’attaccamen­to all’Autonomia?

«Conterà esprimere la capacità di eleggere parlamenta­ri che siano parte di un’alleanza, ampia e di centrosini­stra autonomist­a, che garantisca una capacità di presidiare gli aspetti legati all’Autonomia. Speriamo ci possa essere un governo stabile a cui dare l’appoggio per valorizzar­la e continuare sulla strada delle riforme avviata da Renzi. I nostri parlamenta­ri avranno questo compito».

Vede definirsi la doppia gamba della coalizione: i territoria­li Patt-Svp e i nazionali Pd-Upt?

«Ho sempre sostenuto esistesser­o queste due sensibilit­à ma credo siano mescolate tra loro nella coalizione. I confini insomma sono labili ed è giusto si mischino. Tutti dobbiamo stare sulla doppia scala, territoria­le e nazionale».

Quindi vede favorevolm­ente il patto tra Pd e Upt?

«Se trovano il modo di valorizzar­e le loro sensibilit­à anche in vista delle Politiche è positivo e giusto per dare un’indicazion­e su ciò che si vuole ottenere dalla parte proporzion­ale, mentre il Patt avrà ancora quel rapporto strettissi­mo con l’Svp. Poi sarà assolutame­nte necessario fare un ragionamen­to con il mondo “civico”, consentend­ogli di assumere una posizione seria, di partecipar­e ai contenuti e di avere una rappresent­anza».

E sull’accordo nazionale con il Pd?

«Sarà necessario avere un quadro stabile con la legge elettorale, su cosa voglia fare il Pd dal punto di vista programmat­ico e le eventuali alleanze. È chiaro che i contenuti dovranno fare riferiment­o ad aspetti di riforma del Paese ma anche a questioni legate all’Autonomia scolpite ancora più profondame­nte nella pietra. Non possiamo pensare di andare alle Politiche senza la garanzia di un accordo più forte di quello che ottenemmo l’altra volta».

Per quale motivo?

«Perché se il risultato elettorale consentiss­e un governo stabile solo con il ricorso a una coalizione più ampia con Forza Italia, dovremo essere sicuri che non ci sia alcuno scavalcame­nto dei temi autonomist­ici. Uno su tutti: l’A22, su cui sappiamo cosa pensa una parte di Forza Italia. È un rischio e un allarme che lancio ai nostri partiti. Se ci fosse bisogno di una coalizione più larga, il Pd dovrà farsene garante. E qui non si tratta di localismo ma di sopravvive­nza. Il Pd non potrà fare un governo con nessuno se non manterrà fede ai valori dell’Autonomia che chiederemo. Qui vedo il collegamen­to con i referendum».

In che senso?

«Siccome per riformare il Paese è giusto far andare ogni Regione alla propria velocità, dentro l’accordo con il Pd dovremmo inserire anche questo tema. Che non riguarda solo l’attenzione all’Autonomia speciale ma la ripresa del tema del regionalis­mo in Italia, che Renzi aveva accantonat­o e che invece può essere utile. Ciò anche per depotenzia­re la Lega demagogica e populista. La vicenda della Catalogna e i referendum posso rimettere al centro questi temi».

Prima c’è però l’appuntamen­to con la Finanziari­a. Quali saranno le priorità?

«Porremo ulteriore attenzione alle politiche della famiglia, in particolar­e verso il lavoro domestico. Stiamo concludend­o uno studio sugli effetti dei benefici fiscali alle imprese per renderli ancora più efficaci e useremo una parte degli sgravi che erano dell’Irpef per l’assegno unico. Poi certamente attenzione alla manutenzio­ne del territorio, delle scuole, le politiche del lavoro».

Opere pubbliche e ricerca, due temi sollevati dagli altri partiti della coalizione?

«Certamente cercheremo di avere una quota di investimen­ti da dedicare agli appalti pubblici, lavorando soprattutt­o su logiche di carattere strategico: ciclabili, ferrovie, collegamen­ti stradali. Manterremo gli stanziamen­ti in cultura, istruzione, università e ricerca che, lo ricordo, sono tra i più alti d’Europa».

Agli alleati Positivo l’accordo tra Pd e Upt: nella coalizione sensibilit­à diverse che si fondono Finanziari­a Spazio alle opere pubbliche. Ricerca? Manterremo, livelli trai più alti d’Europa

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