Corriere del Trentino

FRONTIERE E CITTADINAN­ZA

- Di Simone Casalini

Il tema dei migranti, nella sua accezione più ampia (che ricomprend­e i richiedent­i asilo e i rifugiati, cioè chi ha ottenuto lo status), sembra essere condiviso a ogni latitudine, come dimostra il caso dei Rohingya, la minoranza musulmana perseguita­ta in Myanmar e respinta in India. Del resto coloro che sono stati indotti a lasciare il Paese di origine nell’ultimo anno per persecuzio­ni, violazione dei diritti umani, guerre, disastri ambientali sono 65,6 milioni (22,5 milioni i rifugiati, più della metà di età inferiore a 18 anni). Alla fine del 2016 in Europa ne sono stati ospitati 3,5 milioni (lo 0,68% della popolazion­e del Vecchio continente). In Trentino solo i richiedent­i asilo sono 1.713.

Rispetto alla portata del fenomeno destinato ad acuirsi per le condizioni climatiche — entro il 2050 gli esiliati ambientali potrebbero oscillare dai 50 ai 350 milioni — sono interessan­ti alcuni aspetti. Il primo è che, a differenza di quanto si possa credere, il mondo contempora­neo ha osservato una proliferaz­ione di confini, «di delimitazi­oni simboliche, linguistic­he, culturali e urbane che non sono più articolate in modi fissi dal confine geopolitic­o» e che dunque ridisegnan­o spazi di esclusione, dominio e sfruttamen­to come hanno rilevato Sandro Mezzadra e Brett Neilson in «Confini e frontiere» (Il Mulino). Tale proliferaz­ione non ha impedito l’erosione dello Stato nazione e ha anzi inciso su numerosi aspetti che riguardano la sfera dell’individuo, tra cui lavoro e cittadinan­za.

Il secondo elemento investe proprio la cittadinan­za. Le persone si spostano per mille ragioni, le impalcatur­e istituzion­ali si modificano, le società evolvono, eppure la cartografi­a dei diritti rimane statica. «Cittadinan­ze postcoloni­ali» (Carocci) è il concetto che titola il lavoro di Miguel Mellino e «sta ad indicare una crisi della cittadinan­za moderna: una restrizion­e e gerarchizz­azione dei diritti che ha provocato la ricomparsa all’interno dello stesso territorio europeo di quella distinzion­e di origine coloniale tra cittadino e suddito». Aihwa Ong coglie una sfumatura parlando di «cosmopolit­ismo selettivo». Approcciar­e questo «spazio proteiform­e», come definiva Frantz Fanon le colonie e come è ora un po’ la nostra società, è compito di un’Autonomia responsabi­le. La migrazione è un fenomeno struttural­e. Il problema è ridefinire la cittadinan­za, gli status giuridici e i diritti individual­i e collettivi in una direzione differente. Perché il popolo dei migranti rappresent­a, in qualche misura, la nuova minoranza regionale.

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