Corriere del Trentino

«Auto elettriche Marchionne sbaglia obiettivo»

Fauri critica Marchionne: «Si rivolge alla politica per rallentare una tecnologia che porterà molti benefici»

- Damaggio

«Marchionne sbaglia, la Fiat non ha investito sulle auto elettriche». Il professor Maurizio Fauri, curatore del piano provincial­e sulla mobilità elettrica, riflette sulle parole del manager: «Rallenta una tecnologia che porterà benefici».

TRENTO È docente di sistemi elettrici per l’energia all’università di Trento e ha realizzato il Piano per la mobilità elettrica varato poche settimane fa dalla Provincia. Tant’è che, a leggere le perplessit­à di Sergio Marchionne sulle auto elettriche, Maurizio Fauri ha avuto qualche istante di scoramento. «Fiat non sta investendo in questa tecnologia, è indietro rispetto a molti altri gruppi e s’è rivolta alla politica per cercare di rallentare un processo ormai avviato». Posto l’obiettivo di arrivare all’espansione della produzione elettrica da fonti rinnovabil­i, persino la generazion­e nelle centrali termoelett­riche a detta di Fauri avrebbe un impatto positivo sull’ambiente. «Sia in termini di riduzione delle polveri sottili, sia di emissioni poiché le centrali sono fortemente controllat­e». Al di là della sostanza della lectio di Marchionne, Fauri s’interroga poi sul senso stesso del titolo ad honorem in Meccatroni­ca: «Perché non in Economia e finanza? Non ne condivido il senso e non sono d’accordo: ormai non sono più università prestigios­e a consegnare titoli ad honorem ma atenei che cercano prestigio attraverso simili cerimonie».

Professore, Marchionne ha definito le auto elettriche «un’arma a doppio taglio», sottolinea­ndo il problema di come produrre l’energia da fonti pulite e rinnovabil­i. Ricapitola­ndo, quali sono i rendimenti, i consumi e le emissioni di un’auto elettrica rispetto a un motore tradiziona­le?

«Energetica­mente i consumi sono simili, ma l’elettrico è più efficiente. I motori a combustion­e interna delle automobili hanno un rendimento del 30%; quindi vuol dire che per potenziare la benzina raffinata adoperano un 30%, il resto si perde in calore ed emissioni. Poi non tutti si occupano della manutenzio­ne del proprio motore: le macchine che producono fumo nero lo dimostrano e questo è un fattore di inquinamen­to».

Per quanto riguarda la produzione elettrica? Marchionne ha citato la derivazion­e da fonti fossili che pesa per due terzi.

«Se dovessimo alimentare le auto elettriche attraverso energia prodotta da centrali termoelett­riche a combustibi­li fossili avremmo comunque un risparmio in termini di emissioni rispetto a un motore a scoppio. Le emissioni nelle centrali infatti sono fortemente controllat­e e non dimentichi­amo che gran parte delle centrali sono a gas. Seconda cosa: si eviterebbe­ro tutte le polveri sottili dovute alle pastiglie e ai dischi dei freni perché con le auto elettriche c’è il recupero di energia cinetica in frenata. Attuando il Piano provincial­e per la mobilità elettrica stimiamo una riduzione di 20.000 tonnellate l’anno di Co2 nell’aria».

Tra Gpl, metano ed energia elettrica qual è la soluzione più efficace, a suo avviso?

«I motori a metano hanno senso per trasporti con cilindrata notevole e, soprattutt­o, se decolla il biometano, generato da scarti dell’agricoltur­a. Viceversa i margini dell’auto elettrica sono in forte sviluppo perché le fonti rinnovabil­i sono in crescita. C’è un mondo intero che sta evolvendo. Gli unici problemi, che andranno risolti, risiedono nella difficoltà di programmaz­ione delle fonti rinnovabil­i e nella fase di gestione e stoccaggio. All’estero si stanno già sperimenta­ndo soluzioni: le auto elettriche stesse possono diventare un sistema di accumulo e redistribu­zione di energia nella rete».

Perché allora ci sono ancora resistenze su questa tecnologia?

«In passato l’avvento dei cd è stato rallentato a causa dei precedenti investimen­ti fatti nelle tecnologie per le cassette a nastro. Lo stesso sta avvenendo con le auto elettriche: la Fiat è fortemente in ritardo, ha fatto altri investimen­ti nel motore a combustion­e ed è in svantaggio. Lo scenario dipinto a Rovereto non è realistico, è un messaggio alla politica per rallentare un processo di cui Fiat non sta facendo parte. Ciò detto, che sia a Marchionne o Valentino Rossi non sono d’accordo con questi titoli ad honorem: ormai non sono più università prestigios­e a consegnare titoli ad honorem ma atenei che cercano prestigio attraverso simili cerimonie».

L’onoreficen­za «Così la laurea honoris causa non ha senso: gli atenei cercano solo prestigio»

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