Patt, i volti nuovi lasciano perplessi Ma Rossi insiste
Congresso rinviato. Volti nuovi, spuntano Leonardi e Angelini. Pd-Upt, matrimonio in stallo
TRENTO Il volto pubblico è quello sereno, a tratti sorridente: nel Patt regna la pace, l’imminente arrivo di Walter Viola entusiasma tutti, l’accordo tra Pd e Upt è cosa fatta e non dispiace affatto agli autonomisti. La realtà è, come sempre, un po’ più complessa: alla giunta del Patt Ugo Rossi ha chiarito che di congresso non si parlerà fino al 2019 e che chi dovesse mugugnare sui nuovi arrivi può candidarsi altrove; l’accordo tra Pd e Upt tarda ad essere sottoscritto perché l’Unione vuole prima rafforzarsi nel mondo civico di Francesco Valduga; agli autonomisti non piace affatto un’intesa che pare costruita per mettere all’angolo Rossi, ma prova a fare leva sugli elettori e i dirigenti dell’Upt da sempre ostili al Pd per accreditarsi come unico partito territoriale rimasto da votare.
Rossi sa che nel Pd e nell’Upt sono cominciate le manovre per sostituirlo nel 2018. Sa anche che Pd e Upt vorrebbero farlo ciascuno con un proprio uomo e che questo tiene comunque alte le sue quotazioni, ma non tollera che i «suoi» non restino concentrati su questo solo obiettivo: «Volete il Patt di testimonianza di qualche anno fa — ha ripetuto durante la giunta del partito di lunedì sera — o volete un Patt che decide?». I «suoi», però, soprattutto gli eletti e chi ha ambizioni di questo tipo, vorrebbero un Patt che decide con loro in consiglio provinciale, ma l’ingresso dei «nuovi» — in particolare Walter Viola e Carlo Daldoss, ma la campagna acquisti resta aperta — riduce le chance dell’attuale classe dirigente. Anche per questo, Rossi cerca di comunicare tutto l’ottimismo possibile. Lunedì si è spinto a ipotizzare un Patt che, con i nuovi innesti, nel 2018 potrà valere «il 25%». Nessuno ha fiatato, in pochi ci hanno creduto.
Se nessuno nel partito può pensare di mettere in discussione la leadership di Rossi senza segare il ramo su cui è seduto, è più facile prendersela con il segretario Franco Panizza. Il governatore, però, nonostante bazzichi di rado gli organi di partito, lunedì è stato chiaro: impensabile un congresso prima delle politiche e, dato che difficilmente si voterà già a febbraio, impensabile anche farlo prima delle provinciali. Pure in questo caso, nessuno ha fiatato. Quanto a perplessità circa l’ingresso di volti nuovi — punto talmente sentito che perfino l’altrimenti laconico capogruppo Lorenzo Ossanna aveva in precedenza avanzato qualche dubbio — Rossi è stato ancora più netto: chi non gradisce i nuovi arrivi può candidarsi altrove.
A completare l’irritazione di alcune Stelle alpine, due nomi che hanno cominciato a circolare per colmare la scarsa rappresentanza femminile del partito: Sonia Leonardi, madrina di Miss Italia e già candidata alle provinciali addirittura per le politiche ed Eleonora Angelini, già esponente del Pd, in vista delle provinciali. Questo al netto del fatto che Rossi continui a sperare in una candidatura dei «civici» nel secondo collegio che ritiene spettare al Patt.
Difficilmente, però, sarà Valduga, che l’Upt sta cercando di coinvolgere non solo nel rilancio del partito, ma anche nelle trattative con il Pd. Mentre, da Roma, Lorenzo Dellai spinge perché questo fidanzamento senza troppi impegni reciprochi venga sottoscritto a breve, a Trento c’è chi frena. «I civici — si dice — vanno coinvolti da subito, non a cose fatte». Una tesi che, in fondo, potrebbe essere accettata anche dal Pd e che aiuterebbe l’Upt ad allontanare l’etichetta che il Patt, preso atto dell’asse con il Pd, cerca di attribuirle: «Pd e Upt sono la stessa cosa, partiti nazionali, ora la coalizione ha solo due gambe: loro e noi, unica forza realmente territoriale».