Hart e i contratti incompleti «Troppi casi da normare»
TRENTO «Qualsiasi contratto è incompleto per natura. Nessun documento, nessun accordo tra le parti, potrà mai normare tutte le casistiche che possono intervenire nella governance di un’impresa». È partita da qui la lectio magistralis tenuta ieri all’Università di Trento dal Premio Nobel per l’Economia nel 2016, Oliver Simon D’Arcy Hart, professore di economia ad Harvard. Una constatazione che ha portato Hart a sviluppare la teoria dei «contratti incompleti», studio ritenuto tanto innovativo quanto efficace vista la sua estesa applicabilità. «I contratti incompleti, detti anche imperfetti, sono numerosissimi e sono ovunque — ha spiegato infatti il Premio Nobel — pensiamo al modo con cui lo Stato gestisce i rapporti con i suoi fornitori o a uno startupper in cerca di finanziamenti per la sua giovane impresa». In particolare, secondo gli studi del professore laureatosi nel 1969 in matematica a Cambridge, con dottorato in Economia a Princeton nel 1974, «qualsiasi contratto ha delle lacune, imperfezioni che potranno lasciare spazio a liti e rivendicazioni, specie se si va a normare un rapporto di lungo periodo». Una situazione che va di pari passo con la cosiddetta «asimmetria informativa», ovvero una situazione nella quale le informazioni possedute dalle parti hanno un diverso livello di completezza. Pensiamo, ad esempio, al processo decisionale con cui un’azienda arriva a stabilire quali debbano essere i compensi dei propri manager. Compensi che non sempre sono direttamente collegati alle performance realizzate da tali società e che difficilmente possono avere una spiegazione matematica.
«Non tutte le variabili — ha chiarito Hart — possono essere scientificamente analizzate. Per questo è importate trovare un modello che, nonostante tale asimmetria, ci consenta una gestione ottimale dei beni e delle situazioni da normare». Modello a cui Hart ha lavorato a partire dagli anni ’80 e che gli ha consentito di ricevere l’ambito riconoscimento dall’Accademia svedese. Un premio inaspettato, come rivelato dallo stesso Hart, che ha ammesso: «Non ho mai pensato che questo fosse uno dei miei migliori lavori, ma evidentemente il comitato del Premio Nobel ha fatto valutazioni diverse».