Patt, Viola prende tempo «C’è un fermento civico»
Il consigliere di Pt: «Non ho preclusioni ad alleanze con i democratici»
«Nulla è deciso». Walter Viola nega che il suo passaggio al Patt sia già cosa fatta, anche se sono in molti a scommetterci. «Altri mi tirano per la giacchetta» assicura. Il fermento nel modo civico «è molto interessante»
TRENTO «Non ho ancora deciso nulla e non solo il Patt mi tira per la giacchetta». Walter Viola, dato ormai a un passo dall’ingresso tra le Stelle Alpine, tira il freno. Non nega un suo possibile futuro passaggio in maggioranza, ma ci tiene a spiegare perché questo potrebbe accadere e a quali condizioni. «È dal 2003 che mi si accusa di fare inciuci. Io resto fedele alla mia cultura popolare».
Consigliere, mercoledì ha ottenuto un discreto successo in merito alla riforma della cultura.
«Si è trattato di un percorso molto accidentato. La prima proposta, quella dei poli, è caduta sotto il fuoco di fila dei 23 soggetti auditi. Quando pareva che si trovasse una quadra sull’idea di rete museale, è spuntato dal cilindro il cda unico. Non era la soluzione giusta. L’autonomia della Provincia non può svilupparsi a danno delle altre autonomie. Quella approvata è una proposta equilibrata».
Una proposta nata anche dal rafforzato dialogo che ultimamente ha con il presidente Rossi?
«Io dialogo con tutti. Come insegna Hanna Arendt, quando si abdica al costume del dialogo, la democrazia ha fallito».
Un dialogo che, in questo caso, potrebbe portarla nelle fila dell’attuale maggioranza. Nello specifico, nel Patt.
«È da quando sono entrato in consiglio, nel 2003, che mi si accusa di fare inciuci e accordi con la maggioranza, eppure per tre volte mi sono candidato da un’altra parte. Non ho cambiato linea politica, resto fedele alla mia cultura popolare».
Se lei non ha cambiato idee politiche, sta suggerendo che sia la politica ad essere cambiata?
«Mettiamola così: se si profilasse un governo Lega-5Stelle, come non è nemmeno impossibile che sia, lo definiremmo un governo di destra, o di sinistra? Dobbiamo prendere atto che sono venute meno alcune vecchie categorie della politica. In Germania, che spesso prendiamo a esempio di paese che esprime una politica stabile, per la prima volta Cdu e Spd faticano a superare il 50%. Si profila un governo «giamaicano»: come lo definiamo? I confini si fanno sempre più labili e permeabili e, paradossalmente, il dialogo è sempre più difficile».
Quindi se la politica ha perso identità, restano gli uomini che la fanno?
«Sempre più la politica cammina sulle gambe degli uomini. Progetto Trentino è stato frutto di una felice intuizione, ma oggi ha difficoltà evidente. Io vorrei che quell’intuizione e quella rete di persone non si disperdesse. Ciò detto, o si profilerà una cittadinanza reale in altri soggetti politici, oppure posso anche restare a casa: un lavoro ce l’ho».
Ma per un uomo di cultura popolare che oggi milita in Progetto Trentino, l’Upt non sarebbe lo sbocco più naturale?
«Io non ho mai militato né nell’Upt, né nella Margherita. Come dicevo, la verifica che sto conducendo è ancora molto aperta, non c’è solo il Patt. C’è anche un’area civica che sta imboccando una strada di responsabilità in vista del 2018».
Lei ha citato l’eredità di Progetto Trentino. Ma questo spostamento sarà suo, o di tutto il partito?
«Anche Pt ha recentemente parlato di atto di responsabilità. Il mio auspicio è che la decisione sia comune».
Ha messo in conto di potersi trovare in una coalizione col Pd?
«Io non ho preclusioni, solo perplessità che riguardano una parte del Pd, non tutto, la Lega e i 5 Stelle. Anche a livello nazionale, il Pd potrebbe governare con forze non certo di sinistra».
Esclude di poter prendere la tessera del Patt?
«Al momento, come dicevo, non escludo nulla».
E delle perplessità di alcuni esponenti di quel partito cosa pensa?
«Non essendo ancora in quel partito, non ne penso nulla».