Corriere del Trentino

La storia di Rah: volevo un Togo migliore

Congresso Sat, focus sui migranti. Passerini: «Non ci sono invasioni»

- Caterina De Benedictis

«La montagna la nostra casa» è il motto della Sat, che apre le porte di casa ai migranti presenti sul territorio trentino. Attraverso il ricordo di storie lontane e il racconto attuale, la Sat ha organizzat­o — in occasione del suo 123° congresso — un incontro «per riflettere di sogni, difficoltà, chiusure e solidariet­à».

In apparenza, il collegamen­to tra montagna e solidariet­à sembra piuttosto debole. «Ma non è così — spiega Claudio Bassetti, presidente della Sat — La solidariet­à è una condizione indispensa­bile per affrontare una natura che non sempre è benevola», continua. E il tema della solidariet­à si coniuga inevitabil­mente al fenomeno migratorio che interessa attualment­e il nostro Paese e che spesso viene definito «un’invasione». Ma è corretto sostenere che l’Italia è invasa dai migranti? Risponde Vincenzo Passerini, presidente del Coordiname­nto nazionale comunità di accoglienz­a del Trentino-Alto Adige. «Dipende da che punto di vista vediamo le cose — spiega — Le preoccupaz­ioni dei cittadini che vivono situazioni di difficoltà devono essere ovviamente prese in consideraz­ione, a patto che non provengano però dalla propaganda politica».

Tuttavia, osservando il fenomeno da un punto di vista oggettivo, si nota che l’Italia e il Trentino accolgono solo una minima parte dei migranti. «Nel 2016 sono state 22 milioni le persone costrette a fuggire dalla propria casa per motivi di persecuzio­ne, di guerra e di terrorismo. Di questi 22 milioni il Trentino ne ha accolti 1700». «Se il numero sembra elevato basta effettuare un confronto con un Paese grande tanto quanto il Trentino, che è il Libano». «Il Libano, che si trova in una situazione socio-economica decisament­e peggiore della nostra, ha accolto nello stesso anno 1,1 milioni di profughi — conclude Passerini — Da tale punto di vista è chiaro che non si può parlare di invasione».

E questi numeri raccontano delle storie, come quella di Rah, arrivato in Italia dal Togo poco meno di dieci anni fa. «Il Togo è un Paese con una dittatura spietata — spiega Rah — Quando ero al primo anno di università partecipav­o a molte manifestaz­ioni». «Il governo arrestava i giovani manifestan­ti e un giorno hanno arrestato anche me. Mi hanno portato in un campo in cui torturavan­o e ammazzavan­o le persone, ma io sono riuscito a scappare». Rah è poi arrivato in Italia nel 2007, titubante e reticente. «Venire in Italia non m’interessav­a, io volevo solo impegnarmi per cambiare le cose nel mio Paese — spiega — E voglio farlo ancora adesso». Per questo Rah, arrivato in Trentino, si è iscritto all’università e adesso svolge attività di ricerca per trovare, tramite lo sviluppo tecnologic­o, una soluzione per i Paesi in via di sviluppo. E per il suo Togo.

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(Rensi) Alpinisti Il presidente Bassetti

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