La storia di Rah: volevo un Togo migliore
Congresso Sat, focus sui migranti. Passerini: «Non ci sono invasioni»
«La montagna la nostra casa» è il motto della Sat, che apre le porte di casa ai migranti presenti sul territorio trentino. Attraverso il ricordo di storie lontane e il racconto attuale, la Sat ha organizzato — in occasione del suo 123° congresso — un incontro «per riflettere di sogni, difficoltà, chiusure e solidarietà».
In apparenza, il collegamento tra montagna e solidarietà sembra piuttosto debole. «Ma non è così — spiega Claudio Bassetti, presidente della Sat — La solidarietà è una condizione indispensabile per affrontare una natura che non sempre è benevola», continua. E il tema della solidarietà si coniuga inevitabilmente al fenomeno migratorio che interessa attualmente il nostro Paese e che spesso viene definito «un’invasione». Ma è corretto sostenere che l’Italia è invasa dai migranti? Risponde Vincenzo Passerini, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza del Trentino-Alto Adige. «Dipende da che punto di vista vediamo le cose — spiega — Le preoccupazioni dei cittadini che vivono situazioni di difficoltà devono essere ovviamente prese in considerazione, a patto che non provengano però dalla propaganda politica».
Tuttavia, osservando il fenomeno da un punto di vista oggettivo, si nota che l’Italia e il Trentino accolgono solo una minima parte dei migranti. «Nel 2016 sono state 22 milioni le persone costrette a fuggire dalla propria casa per motivi di persecuzione, di guerra e di terrorismo. Di questi 22 milioni il Trentino ne ha accolti 1700». «Se il numero sembra elevato basta effettuare un confronto con un Paese grande tanto quanto il Trentino, che è il Libano». «Il Libano, che si trova in una situazione socio-economica decisamente peggiore della nostra, ha accolto nello stesso anno 1,1 milioni di profughi — conclude Passerini — Da tale punto di vista è chiaro che non si può parlare di invasione».
E questi numeri raccontano delle storie, come quella di Rah, arrivato in Italia dal Togo poco meno di dieci anni fa. «Il Togo è un Paese con una dittatura spietata — spiega Rah — Quando ero al primo anno di università partecipavo a molte manifestazioni». «Il governo arrestava i giovani manifestanti e un giorno hanno arrestato anche me. Mi hanno portato in un campo in cui torturavano e ammazzavano le persone, ma io sono riuscito a scappare». Rah è poi arrivato in Italia nel 2007, titubante e reticente. «Venire in Italia non m’interessava, io volevo solo impegnarmi per cambiare le cose nel mio Paese — spiega — E voglio farlo ancora adesso». Per questo Rah, arrivato in Trentino, si è iscritto all’università e adesso svolge attività di ricerca per trovare, tramite lo sviluppo tecnologico, una soluzione per i Paesi in via di sviluppo. E per il suo Togo.