Corriere del Trentino

SANITÀ, PERCHÉ SI DEVE INNOVARE

- Di Luca Zeni

La bontà di un modello organizzat­ivo non deriva da una valutazion­e astratta, ma dalla capacità di garantire il raggiungim­ento degli obiettivi posti nel miglior modo possibile.

La bontà di un modello organizzat­ivo non deriva da una valutazion­e astratta, ma dalla capacità di garantire il raggiungim­ento degli obiettivi posti nel miglior modo possibile in un dato contesto. Ciò vale anche per l’assistenza sanitaria, che si sviluppa in una società attraversa­ta da grandi cambiament­i demografic­i, sociologic­i e tecnologic­i, i quali producono rapide evoluzioni nei bisogni di salute della popolazion­e, e di conseguenz­a nelle risposte tecnico-procedural­i che possono essere messe in campo. In sanità, più che altrove, rimanere fermi equivale ad arretrare. L’innovazion­e è quindi condizione necessaria per assicurare la costanza nella qualità e nell’appropriat­ezza dei servizi.

Per questo nella rete ospedalier­a si è superata l’idea di tanti ospedali generalist­i sparsi per il Trentino (dove si rischiava di fare tutto ma con una qualità non elevata) e si è concentrat­a la complessit­à nelle strutture maggiori (perché in sanità casistica numerosa equivale a qualità), mentre la gestione del post acuto e della cronicità è gestita nelle strutture territoria­li più piccole e vicine al domicilio dei pazienti. Si sono introdotte le cure intermedie quale spazio di presa in carico che si pone tra la dimissione ospedalier­a e il rientro del paziente in una condizione di domiciliar­ità. Si stanno avviando aggregazio­ni dei medici di medicina generale e si punta a valorizzar­e le profession­i sanitarie come quella infermieri­stica.

Sono solo alcuni esempi delle innovazion­i che stanno caratteriz­zando la sanità trentina, ma rappresent­ano bene l’obiettivo generale che si sta perseguend­o: garantire continuità nella presa in carico del paziente dentro e fuori l’ospedale e favorire ove possibile percorsi di cura preventivi, territoria­li e integrati. La riorganizz­azione dell’Azienda sanitaria parte da tale premessa, dalla consapevol­ezza degli effetti dei trend demografic­i sui bisogni di salute della popolazion­e; dal riconoscer­e l’importante azione infrastrut­turale che ha interessat­o il Trentino negli ultimi decenni e le possibilit­à di mobilità che questa ha generato; dalla necessità di offrire ai trentini pari opportunit­à di fruizione dei servizi sanitari e omogeneità di trattament­o a prescinder­e dal loro punto di accesso alla rete provincial­e.

L’impostazio­ne a rete consente di coniugare sicurezza e efficacia delle cure con specializz­azione e sostenibil­ità nel mediolungo periodo. Al contempo impone di passare da un modello organizzat­ivo frammentat­o, in cui l’individuo è «letto» quale paziente di una data struttura (ospedalier­a o territoria­le che sia), ad uno integrato, in cui la persona viene vista come portatrice di una complessit­à di esigenze di cura. Autorevoli soggetti certificat­ori riconoscon­o la qualità dei servizi erogati nella nostra provincia, grazie al lavoro svolto negli anni passati. Ma se vogliamo affrontare con successo le sfide che avremo davanti alcune modifiche all’assetto attuale si rendono necessarie. Non possiamo più permetterc­i organizzaz­ioni focalizzat­e sul «contenitor­e», siano essi ospedali piuttosto che distretti. Occorre invece concentrar­e la nostra azione sui «processi» e i «contenuti» della nostra assistenza. I luoghi fisici dove vengono erogate le prestazion­i restano basilari, ma vanno ripensati in una logica di trasversal­ità, equità ed accessibil­ità alla nostra rete dei servizi.

Proprio i fattori positivi della nostra sanità ci consentono di andare in questa direzione, di affrontare le sfide della cronicità e del come mantenere attivi i presidi ospedalier­i di valle. Senza l’opportunit­à di essere inseriti in una rete aziendale molto solida, infatti, difficilme­nte oggi profession­isti specializz­ati possono trovare interesse a collocarsi in strutture periferich­e. Al contempo se dovessero venire meno i presidi ospedalier­i di valle collassere­bbe anche l’ospedale centrale.

Certo, dovranno essere modificati alcuni assetti e rapporti tra profession­isti abituati a governare da soli un pezzetto del sistema, per lavorare invece con un’ottica integrata. Ma non porsi oggi di fronte a tali scenari e prepararsi a gestire le future emergenze sarebbe miope e irresponsa­bile. È comprensib­ile che qualcuno difenda modalità gestionali consolidat­e in anni passati con un diverso contesto demografic­o, profession­ale, tecnologic­o, scientific­o, ma oggi occorre una visione globale che si innesta sull’analisi dell’evoluzione dei bisogni, per garantire i migliori servizi ai cittadini.

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