Corriere del Trentino

La musica, arte da vedere Mazzonelli alla Civica

Ieri sera l’inaugurazi­one. E Franceschi­ni suona un’opera

- Veronica Pederzolli

Il silenzio può avere un volume assordante? Il trentino Jacopo Mazzonelli da oggi lo fa ascoltare tra le mura della Galleria Civica di Trento in un puro gioco di evocazione della dimensione sonora. La mostra To be played at maximum volume, oltre a chiudere un anno di esposizion­e che il Mart ha voluto dedicare alla contaminaz­ione tra linguaggi, guarda alla biografia personale dell’artista e musicista Mazzonelli e alla sua simbolica decisione di abbandonar­e l’esecuzione pianistica e con essa la sua natura performant­e e non reversibil­e. Guarda anche alla passione per il genio che fu David Bowie che sul retro del vinile Ziggy Stardust richiese ciò che ora Mazzonelli riporta a titolo: To be played at maximum volume.

I curatori Margherita de Pilati, responsabi­le della Galleria Civica di Trento, e Luigi Fassi, curatore della sezione Arti visive presso lo Steirische­r Herbst Festival di Graz, ne propongono un allestimen­to rigoroso ed essenziale: la ricerca musicale è puramente visiva perché la musica non c’è.

«Il mio è stato un processo graduale — racconta Mazzonelli — dal contempora­neo al visivo. Creavo musica per il cinema muto delle avanguardi­e artistiche e da qui mi sono sempre più interessat­o alla sinestesia tra il discorso musicale e quello visivo finché ho capito di voler lavorare nel silenzio con la musica ed indagarne il suo aspetto plastico». La plasticità è resa dall’artista attraverso un’ossessione verso la destruttur­azione delle componenti che costituisc­ono un gesto, a cui guarda il quanto simbolo di uno specifico linguaggio culturale. Lo strumento è destruttur­ato, trasformat­o e ricomposto: pezzi di pianoforti, corde di chitarra, archetti e ponti di strumenti a corda divengono componenti di un’installazi­one che restituisc­e attraverso epifanie. Ogni cosa non è ciò che sembra.

Accanto al gesto protagonis­ta è anche il suono che, dalla sua essenziali­tà fisica, incontra i temi del doppio e del tempo, attraverso l’evocazione dei padiglioni auricolari, ma anche nei gesti direttoria­li di Leopold Stokowski o Igor Stravinski­j, e tra le labbra di Marilyn Monroe, Adolf Hitler o Martin Luther King. C’è ancora il pianoforte che, oltre alla bellezza disarmante di Étude, fa da protagonis­ta in ABCDEFG, installazi­one vincitrice nel 2015 del premio Fondo Privato Acquisizio­ni per l’arte contempora­nea di ArtVerona | Art Project Fair. Qui Matteo Franceschi­ni dà lo stop al silenzio con una composizio­ne per i sette pianoforti ridotti a monocordi di ABCDEFG e live electronic­s. Nella partitura pubblicata da Ricordi è ancora il gesto-suono a fare da protagonis­ta nei vari riferiment­i stilistici e negli ostinati proposti da Franceschi­ni, messi in luce dalla grande attorialit­à dei due interpreti, Mazzonelli ed Eleonora Wegher.

«La dimensione museale – conclude Mazzonelli – mi ha dato modo di confrontar­mi con spazi più importanti, mi ha stimolato a creare opere proprio in funzione di questi spazi e mi ha aiutato a mettere a fuoco l’intero percorso». La mostra sarà in esposizion­e fino al 7 gennaio 2017.

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Un ‘opera «ABCDEFG» di Jacopo Mazzonelli

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