Negli ospedali 2600 mediazioni culturali
Il servizio è su appuntamento. La traduzione telefonica arriva a 120 lingue La Spada (Cinformi): «Integrazione strutturata anche grazie ai connazionali»
TRENTO Nell’ultimo anno sono stati 2543 gli interventi di mediazione culturale nei presidi sanitari del Trentino e solo 15 sono stati giudicati non conformi alle aspettative.
A dirlo il responsabile dell’Azienda sanitaria per il servizio di mediazione culturale, Adriano Passerini che spiega: «Per ogni intervento facciamo compilare una scheda ai nostri operatori sanitari sulla qualità del servizio. Dal 30 settembre 2016 al 1 ottobre 2017 sono state giudicate positive il 99,1% delle mediazioni, lo 0,9% è stato invece ritenuto non conforme». Questo in risposta a qualche criticità emersa, qualche lamentela dovuta alla delicatezza del servizio. Dal 2012 ad occuparsi della mediazione culturale in Azienda sanitaria è una cooperativa di Biella, la Eurostreet, che ha vinto la gara d’appalto. Prima, dal 2003, c’erano due cooperative trentine. «Non si sono presentate — dice Passerini — non entro nel merito dei motivi. Noi dovevamo rispettare le regole e e procedere con la gara d’appalto. Certo, è importante che i mediatori siano a conoscenza del tessuto territoriale in cui operano e difatti la cooperativa negli anni si è costruita una rete territoriale di mediatori qualificati».
Il servizio funziona a chiamata e telefonicamente. In sostanza gli operatori sanitari che hanno necessità di una mediazione compilano un format on-line e l’appuntamento viene programmato, per le emergenze c’è un servizio di interpretariato 24 ore su 24. «Da capitolato le lingue richieste per gli appuntamenti sono una decina — prosegue Passerini — ma poi vediamo che c’è una copertura più ampia. Per il servizio di traduzione telefonica si arriva anche a 120 lingue. A fine anno scadrà il loro incarico, probabilmente ci sarà un nuovo bando». A fornire una panoramica più ampia della prestazione di mediazione culturale su tutto il territorio è Pierluigi La Spada, responsabile del Cinformi, che rileva come negli anni stia diventando un modello con sempre meno criticità. «Nel 2002 in Trentino c’erano 12-13 mila stranieri, oggi se ne contano 50 mila. L’integrazione quindi è sempre più strutturata, ci sono sempre meno arrivi e la mediazione passa anche attraverso la rete dei connazionali. Tutti dovremmo essere mediatori. E’ chiaro poi che l’approccio non può essere di mera traduzione, il mediatore culturale deve essere una persona formata che conosce regole, usi e costumi di entrambi i paesi che va a mettere in contatto ».
Solo lo 0,9% delle attività è stato valutato non conforme