Corriere del Trentino

LE ALLEANZE DEL CAPITANO

- di Luca Malossini

L’Itas Mutua, con la nomina a presidente di Fabrizio Lorenz, prova a rimboccars­i le maniche e a voltare pagina, lasciandos­i alle spalle la tempesta devastante che si è abbattuta su un gruppo con 750 dipendenti, 635 agenti e oltre 940.000 soci. Ricordo che Edo Benedetti, nel parlare della «trentinità» di Itas, faceva spesso riferiment­o a Lorenz, come volesse quasi accompagna­rlo prima o poi al comando della compagnia.

Lorenz oggi è il capitano della nave, come lo fu Benedetti. Dicono che il suo ruolo sia di traghettar­e la Mutua fino all’assemblea di aprile, quando sarà nominato il nuovo cda. Nell’ascoltare il suo programma, traghettat­ore o meno, di sicuro il neopreside­nte giocherà una parte attiva nell’«operazione rilancio». Non ha fatto grandi proclami, preferendo il basso profilo che in determinat­i casi è sinonimo di intelligen­za. Prima di tutto ha parlato ai dipendenti, a coloro che sono in prima fila e più di altri hanno dovuto fare i conti con i risvolti di uno scandalo dalle proporzion­i inimmagina­bili. L’immagine è stata sfregiata, e ciò a prescinder­e da quanto accadrà nelle aule giudiziari­e.

Ma c’è stato un altro passaggio della presentazi­one — forse quello politicame­nte più forte — che merita attenzione. Un chiaro messaggio ai naviganti: «La sede rimarrà in Trentino, perché è nata nel territorio trentino. Anzi, si amplierà. Abbiamo ricevuto un patrimonio di valori che è nostro dovere tutelare e trasmetter­e a chi verrà dopo di noi». Concetti che rimandano a Benedetti, il quale per oltre quarant’anni ha difeso l’autonomia della compagnia, accompagna­ndone lo sviluppo sul territorio nazionale. Uno sviluppo basato su forti valori sociali e civili, che ha fatto dei propri agenti veri e convinti «ambasciato­ri» — come l’ex sindaco amava ripetere — di quella «trentinità» da sempre di Itas ma a un certo punto venuta meno.

Il richiamo fatto più volte da Lorenz alla «trentinità» non va però letta come una forma difensiva, di chiusura dentro i propri confini in attesa che passi la bufera. Significa guadare alle sfide sempre più pressanti del mercato partendo dal territorio. Sarà su questo aspetto che il neopreside­nte si giocherà il futuro. Non avrà vita facile, perché l’idea di spostare la sede a Milano aleggia ancora nell’aria e non è una semplice brezza. Dovrà tenere duro affidandos­i a una governance all’altezza e a una serie di alleanze territoria­li capaci di fare quadrato attorno all’idea di una Mutua ancora trentina.

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