Alcol e adolescenti, s’inizia presto Gli esperti: «Rischi sottostimati»
Una ricerca svela le abitudini degli adolescenti. Buzzi: «Sottostimati i rischi»
Alcool? Sull’abuso esistono fattori predittivi. Dall’imprinting piacevole al primo assaggio all’avere amici che si ubriacano: le femmine sono meno inclini al bere. Ma il 41,2% dei ragazzi ha bevuto il primo alcolico a 10 anni. L’esordio solo con i coetanei tocca il 9,3%. I dati affiorano dalla ricerca dell’osservatorio sui giovani e l’alcool e di Sociologia. Gli esperti: «Rischi sottostimati».
TRENTO Conoscere gli adolescenti per capire il contesto in cui avviene l’approccio alle bevande alcoliche e scoprire se le modalità di iniziazione sono correlate al consumo dell’alcool nel corso della vita. È l’obiettivo della ricerca condotta su 1.982 giovani di 13-14 anni dall’osservatorio sui giovani e l’alcool, in collaborazione con il dipartimento di sociologia. I risultati, annunciati ieri da Enrico Tempesta (Opga), Carlo Buzzi (direttore scientifico del progetto) ed altri esperti gettano luci e ombre sul fenomeno dell’abuso precoce di alcolici.
Relazionando i fattori sociali, di contesto e psicologici all’abuso di alcolici, gli esperti hanno notato che esistono fattori predittivi dell’abuso. La tendenza dei ragazzi ad ubriacarsi è correlata al bere abitualmente, all’avere amici che si ubriacano, all’imprinting piacevole al primo assaggio (il 48,3%) e all’atteggiamento di sottovalutazione del rischio. Nel dettaglio: i più hanno assaggiato la prima volta un alcolico oltre i 10 anni (41,2%) anche se una minoranza importante lo ha fatto tra i 6 ed i 10 anni (27,3%). Il 71,8% dei ragazzi ha assaggiato alcol in presenza di figure adulte, distinte tra genitori (48,5%) e altri adulti (23,3%). L’esordio con solo coetanei tocca il 9,3%. La frequenza di conto sumo (ultimi tre mesi) vede la maggioranza relativa dei rispondenti non consumare (52%), mentre i consumi da 1-2 volte al mese riguardano il 13,9%. I consumi sono in maggioranza durante i pasti (65,8%). L’ubriachezza almeno una volta tocca il 18,1% degli intervistati. Infine i genitori: solo il 13,5% di mamme e papà hanno affronta- esplicitamente il tema dei rischi e delle relative conseguenze. Il 31,5% dei genitori non lo ha mai fatto.
Anche il sesso dell’individuo ha un ruolo nel prefigurare l’abuso di alcool: le femmine sono meno inclini, ma allo stesso tempo faticano di più a rimanere non bevitrici, perché la pressione sociale del gruppo dei pari ha un effetto maggiore. Ancora, aver bevuto il primo bicchiere in famiglia ed aver ricevuto indicazioni sul corretto consumo riduce l’abuso di alcol.
«La tradizione italiana del bere — spiega Michele Cortel, direttore dell’osservatorio — è ad alta frequenza ma a bassa intensità, l’esordio è precoce ma legato ai pasti (65%)». All’iniziazione segue una fase di sperimentazione, seguita da una di ricerca dell’eccesso, in cui l’adolescente vive l’alcol come una sfida (binge drinking). Tendenza che si inverte intorno ai 18, quando matura il consumo. Nella fase di sperimentazione è fondamentale che famiglie e istituzioni veicolino messaggi continuativi, «ma non terroristici», avverte Raffaele Lovaste (Istituto europeo delle dipendenze). «La tendenza degli adolescenti è eternizzare il presente» afferma. «Sebbene l’assunzione etilica tra i giovanissimi sia diminuita — spiega Buzzi —, la sottostima culturale del rischio, la distrazione educativa e i modelli di socializzazione indeboliti costituiscono fattori di erosione che vanno contrastati».
«Se vogliamo influire sui percorsi reali dei giovani — conclude Maurizio Tucci —, dobbiamo creare realtà protettive usando l’alcologia sociale». Utile risulta anche la diffusione della cultura del bere alcolici; e in questo sono fondamentali i produttori. Marcello Lunelli ha portato l’esempio delle cantine vinicole trentine, che grazie al turismo enologico hanno fatto conoscere a 5 milioni di famiglie virtù e problematiche legate al consumo di vino.